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Lombardia: attese fino a 2 anni per un esame. Senza infermieri sanità rischi di affondare

La sanità lombarda, così come quella italiana in generale, sta attraversando un periodo particolarmente difficile a causa della carenza di personale, specie infermieristico.

In Lombardia sono state diverse le misure messe in atto per arginare la carenza di infermieri e per limitarne la fuga verso la vicina Svizzera o verso paesi che offrono sia economicamente che professionalmente una condizione lavorativa neanche minimamente paragonabile a quella italiana.

Importare infermieri dal Sud America, aumentare gli stipendi per i frontalieri che decidono di prestare l’attività lavorativa in Italia, e sbandieramenti relativi ad aumenti di stipendio per tutti gli infermieri italiani. Eppure di fatti se ne son visti pochi e la carenza di personale infermieristico è destinata soltanto ad aggravarsi.

In questo modo aumentano anche i tempi relativi alle prestazioni e il problema delle liste d’attesa è diventato ormai insostenibile. In Lombardia, ad esempio, per alcune prestazioni ci vogliono fino a due anni prima che la stessa possa essere eseguita. Questo problema è stato affrontato anche in un comunicato stampa del Nursing Up: “incomprensibile è per noi in questo momento la parola giusta. Il nostro non vuole essere certo un attacco personale o una presa di posizione distruttiva, come qualcuno vorrebbe far credere, nei confronti dell’arrivo di professionisti sanitari stranieri in Italia, e in particolar modo in Lombardia, contro i quali, ripetiamo, non nutriamo alcun preconcetto o pregiudizio. Non ce ne sarebbe motivo. 

Dobbiamo, però, doverosamente, fare un passo indietro e ripartire dalla schietta analisi dei nuovi allarmanti dati, supportati da recenti e autorevoli report, che corroborano le nostre “eterne” denunce e che sostengono le nostre fondate preoccupazioni.

Ci riferiamo al graduale e inesorabile aggravarsi della crisi della nostra sanità pubblica, con particolare riferimento alla cronica carenza di personale e all’inefficacia di quelle politiche regionali, vedi appunto la Lombardia, che si ostinano, è il caso di dirlo, a cercare percorsi tortuosi, scorciatoie  che non possono certo condurre a soluzioni a lungo termine, quelle di cui, invece, abbiamo inevitabilmente bisogno.

Da una parte eccola la Regione con il più alto numero di professionisti dell’assistenza mancanti all’appello al pari della Campania. 

Eccola la Lombardia, con la sua voragine, con la sua cronica carenza di 10mila infermieri che, oltre tutto, la recente indagine di Federconsumatori ci presenta come pericoloso fanalino di coda in Italia per i tempi di un esame o di una visita specialistica. Ebbene sì, qui è stato registrato il drammatico record accertato di 735 giorni per un ecodoppler cardiaco all’ospedale di Magenta. Oltre due anni!

E allora mentre campanelli di allarme di questa portata dovrebbero spingere i Governi regionali, di concerto con quello nazionale, a rimboccarsi finalmente le maniche, ecco che, dall’altra parte, incredibilmente, si portano avanti progetti come il “Magellano Student”.

Apprendiamo con un pizzico di amarezza che l’Assessore al Welfare Bertolaso non si è fermato, non ha fatto marcia indietro di un solo millimetro, nonostante la marea di critiche ricevute, e ha portato in Italia altri 12 giovani professionisti sanitari provenienti dal Sudamerica per avviare, con loro, un tirocinio, a spese naturalmente della Regione.

Rimarranno qui per un semestre di studio e, a quanto apprendiamo, dopo qualche settimana di corso in lingua italiana, cominceranno anche a lavorare, non sappiamo davvero a questo punto con quale incarico, ma immaginiamo supportati da un tutor, presso alcune Rsa lombarde.

L’obiettivo? Facciamo fatica a comprenderlo. Ce lo chiarisca Bertolaso, se non quello di inserirli nei nostri ospedali.

Siamo sbalorditi! La Lombardia rischia oggi di affondare a causa della carenza di professionisti, va incontro, nel pieno dell’estate, al rischio di chiusura o accorpamento di reparti, tagli di posti letto, ma soprattutto perde ogni anno 500 infermieri che fuggono dalle province di confine verso la “isola felice Svizzera”.

Qualcuno faccia allora capire una volta per tutte all’Assessore Bertolaso, alla luce di indagini dai contenuti negativi tanto evidenti, che la sanità lombarda è a rischio implosione giorno dopo giorno, con la sempre più precaria qualità delle prestazioni sanitarie offerte sul territorio.

Qualcuno dica chiaramente a Bertolaso che la priorità, più che mai, deve essere in questo momento la valorizzazione dei talenti e delle straordinarie professionalità che abbiamo a disposizione, e che non possiamo permetterci di depauperare le eccellenze di cui disponiamo, quelle di infermieri dalle cui competenze, il nostro sistema sanitario non può prescindere.

Non si possono a nostro avviso investire risorse pubbliche (vorremmo conoscere i costi di questo Erasmus transoceanico) in tortuosi percorsi di formazione di giovani professionisti che arrivano dall’altra parte del mondo, alle prese con enormi barriere linguistiche difficili da superare in così poco tempo.

Non abbiamo questo tempo a disposizione, i pazienti di oggi e di domani non ce l’hanno, soprattutto i soggetti più fragili. La sanità italiana è oggi un malato cronico alle prese con una emorragia difficile da arginare, e non saranno certo 12 infermieri, dopo un mese di corso di lingua italiana (tanto è durata la formazione lo scorso dicembre dei primi professionisti inseriti presso l’Asst Varese, avvenuta presso il Centro Gulliver) a sanare i nostri deficit, mentre i valenti professionisti che formiamo sono sempre più insoddisfatti e lontani da una valorizzazione che non può essere solo una parola di cui riempirsi  la bocca in tempi di campagna elettorale”, chiosa De Palma.

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