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Infermiere in fuga da Bologna: “Città inaccessibile, metà stipendio via per l’affitto”

I sindacati di categoria infermieristica, negli ultimi giorni, hanno lanciato l’allarme carenza personale all’interno dell’AUSL del territorio bolognese. Negli ultimi 3 mesi sarebbero, infatti, ben 96 le cessazioni di rapporto di personale sanitario con l’azienda stessa che non sono state sostituite, costringendo il personale in servizio a raddoppiare turni e ad effettuare straordinari su straordinari.

Sulla questione è intervenuto anche Antonio de Palma, presidente Nursing Up, che aveva espresso una preoccupazione crescente per questo fenomeno che rischia di far sprofondare una sanità già in evidente difficoltà. La Repubblica è riuscita ad intervistare un collega che era in servizio all’AUSL Bologna e che ha deciso di dimettersi dal tempo indeterminato per cercare una soluzione lavorativa in un’altra città che gli permettesse quantomeno di vivere.

Raffale ha poco meno di 30 anni, campano, come dicevamo si è licenziato dal tempo indeterminato non per ritornare al Sud, ma per trovare una condizione di lavoro quanto meno adeguata per arrivare a fine mese. Oggi lavora a Cesena. “Dopo 3 anni di lavoro come infermiere all’Ospedale Maggiore, in un reparto di eccellenza come quello di Ortopedia, mi sono dimesso e ora lavoro a Cesena. Ci sono grossi problemi oggi a lavorare in questa città. Ho cambiato 4 stanze in 3 anni e, nonostante ciò, metà dello stipendio andava via per l’affitto. Per non considerare poi le varie utenze e il costo della vita. Ad oggi la città è invivibile. A Cesena qualcosa riesco a metterla da parte”.

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Roma, 17 nov. (askanews) - “Il Governo ci ascolti, non può ignorare piazze così partecipate da Nord a Sud come quelle degli infermieri di oggi. Lo sciopero di 24 ore indetto dal Nursind solo da stamattina ha già visto l’astensione dal lavoro di circa il 75% del personale interessato, al netto, naturalmente, di chi doveva garantire i servizi essenziali”. Lo dice in una nota Andrea Bottega, segretario nazionale del primo sindacato autonomo degli infermieri. “Con attività ambulatoriali e sale operatorie sospese, i cittadini, purtroppo, stanno subendo grandi disagi, ma il vero problema è che la situazione eccezionale di oggi diventerà a breve la normalità”, prosegue Bottega. “La nostra è una protesta sentita. Con un messaggio chiaro alle istituzioni: di questo passo il Servizio sanitario nazionale rischia di rimanere senza infermieri. Scenario che comporta un inevitabile scivolamento verso una privatizzazione dei servizi, i cui costi ricadranno, ancora una volta, sulle tasche delle persone. Una ragione in più – conclude il segretario – per non arrenderci. Se le nostre istanze non verranno accolte, infatti, la protesta andrà avanti. La posta in gioco, e cioè la sopravvivenza della sanità pubblica, è troppo alta”.