Nei giorni scorsi ha preso il via la formazione dedicata all’istituzione dell’IFoC, l’infermiere di famiglia o comunità, attivo in Veneto per rafforzare i servizi territoriali.
Questa figura si è resa necessaria per andare a rispondere ai bisogni del territorio e snellire il lavoro delle strutture centrali, specie i pronto soccorso, assaltati quando non si riesce a trovare una risposta sul territorio. Ricordiamo che il Veneto è stata la prima regione in Italia ad introdurre questa figura, facendo proprie le linee di indirizzo pubblicate da Agenas circa nove mesi fa.
La formazione avviata proprio dalla regione Veneto prevede ben 3 target di infermieri operanti in ambito territoriale: la maggior parte sono infermieri, un centinaio sono infermieri con funzioni di coordinamento e un altro centinaio sono infermieri referenti per la formazione sul campo. Nella formazione sono previste 100 ore di teoria, svolte a distanza, e 100 ore di applicazione delle nuove conoscenze sul campo, in modo da affrontare i bisogni di salute con un approccio orientato alla famiglia e comunità.
Come riportato anche dal quotidiano online “Verona Sera”, l’assessore alla Sanità della Regione, Manuela Lanzarin, ha introdotto la figura, parlando della formazione e, successivamente, del contributo lavorativo che forniranno questi infermieri: “All’aumentare dell’età nella popolazione si assiste ad un aumento delle condizioni di cronicità e comorbilità: i soggetti con almeno tre patologie rappresentano il 37% della popolazione con età >75 anni. Queste nuove figure professionali che stiamo formando si occuperanno della gestione dei bisogni di assistenza legati alla cronicità semplice e alla fragilità, al mantenimento di stili di vita adeguati e alla promozione dell’autocura.
Interverranno autonomamente o su segnalazione di operatori sociali, delle associazioni di volontariato, delle forze dell’ordine. Effettueranno monitoraggi e iniziative di promozione della salute, in sinergia con i medici di medicina generale o gli specialisti, anche attraverso la teleassistenza e la teleconsulenza.
Ci aspettiamo molteplici risultati dall’introduzione di questa nuova figura professionale: un miglioramento della qualità di vita delle persone assistite attraverso il controllo della propria salute e la conseguente riduzione delle condizioni di rischio; una diminuzione del ricorso al pronto soccorso; un incremento della partecipazione dell’utenza ai programmi di screening e alle campagne vaccinali proposte”.