Una testimonianza toccante quella che l’infermiere palestinese Khaled Abu Ghali, ha voluto condividere con i media locali e mondiali. Khaled è attualmente impegnato negli Ospedali della Striscia di Gaza come volontario nell’operazione umanitaria della Palestine Red Crescent Society.
La guerra con tutto ciò che si porta dietro e quella che diventerà anche una crisi sanitaria, se non lo è già, a causa della chiusura della centrale elettrica a Gaza. E, così, la maggior parte dei macchinari, monitor multiparametrici che dovrebbero garantire un monitoraggio dei pazienti presso le terapie intensive e le dialisi rischiano di saltare, provocando ancor più morti di quanti non ce ne siano già.
“Il ministro per la salute ha dichiarato che a causa della carenza di carburante in questi giorni non sarà possibile fare niente per evitare il taglio dell’elettricità anche agli ospedali. Questo avrà ripercussioni molto gravi sulle persone che abbiamo in cura: stiamo parlando di pazienti in dialisi, neonati prematuri, pazienti in terapia intensiva che rischiano di morire perché molti degli ospedali saranno fuori servizio. Solo per quanto riguarda la dialisi renale abbiamo 1100 pazienti, di cui 40 bambini, che sono attualmente in cura all’interno degli ospedali.
Il numero dei morti è troppo alto anche per la capienza dei frigoriferi mortuari è un numero troppo elevato in soli sei giorni. Gaza non ha mai affrontato una situazione come questa. Si tratta di una crisi umanitaria ed è necessario l’intervento della comunità internazionale per scongiurare danni ancor più importanti di quelli già verificatisi”.
La stessa Croce Rossa Internazionale, in una conferenza stampa tenutasi a Ginevra, ha ribadito che la crisi umanitaria: “rischia di essere presto fuori controllo. Le condizioni di sicurezza non permettono di muoverci liberamente. Dall’inizio di questa tornata di ostilità cinque tra medici e infermieri della Croce Rossa e della Mezzaluna rossa sono rimasti uccisi”.