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Cure Palliative e Infermiere di Famiglia e Comunità

Il documento, redatto da FNOPI e SICP vuole fornire all’Infermiere di famiglia e comunità (IFeC), che è il professionista responsabile dell’assistenza infermieristica in ambito famigliare e di comunità, una serie di strumenti utili per intercettare tempestivamente i bisogni di cure palliative e fungere da raccordo con i diversi percorsi di cure palliative. Infatti, l’IFeC è il primo riferimento domiciliare per l’assistenza delle persone e dei caregiver e, di concerto con l’equipe curante e attraverso il coinvolgimento dell’ Unità Valutativa Multidisciplinare (UVM) nella stesura del Progetto Assistenziale personalizzato (PAP), può rilevare e intercettare precocemente i bisogni di cure palliative (che non devono arrivare alla fine del percorso) e indirizzare l’utente verso percorsi più appropriati.

La transizione demografica e i cambiamenti epidemiologici in atto, legati al progressivo e crescente invecchiamento della popolazione, stanno determinando un forte incremento dell’incidenza delle patologie cronico degenerative. Il panorama del 21º secolo si caratterizza per una ridistribuzione demografica senza precedenti in cui entro 2050, la popolazione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dal 11% al 22% della popolazione totale e l’aumento sarà più evidente nei Paesi in via di sviluppo. Nei Paesi ad alto reddito, il 69-82% della popolazione ha bisogno di Cure Palliative (CP) prima della morte. Le persone con demenza e cancro rappresentano la maggior parte della crescita di questo bisogno.

Negli ultimi anni, sono stati intrapresi vari studi per affrontare il problema della complessità in CP. Alcuni hanno adottato un approccio più teorico, mentre altri hanno proposto criteri operativi per la valutazione della complessità e del coordinamento delle risorse. In letteratura i livelli di complessità sono stati così classificati:

  1. pazienti a bassa complessità per cui sono sufficienti le competenze di professionisti non specializzati in cure palliative. Richiedono un approccio palliativo nell’ambito del contesto di cura che già li ha in carico.
  2. pazienti a complessità intermedia per cui i bisogni di cura vanno oltre le competenze e la formazione di un team non specializzato in cure palliative. In questo caso è indicato il modello delle cure condivise tra specialisti e non specialisti in cure palliative che offrono consulenza.
  3. pazienti a complessità elevata per cui è necessario l’intervento diretto delle cure specialistiche.

Uno studio pubblicato nel 2018 esplora la definizione della complessità dei bisogni di pazienti in fase avanzata di malattia, da parte di professionisti che operano in 3 contesti di cura differenti (ospedale, cure primarie e hospice). La complessità può emergere dalla molteplicità dei bisogni, ossia dall’interazione tra bisogni intrinseci al paziente ed estrinseci (ossia legati all’ambiente); dalla presenza di bisogni multipli all’interno di uno stesso dominio (fisico, psicologico, sociale); dalle presenza di barriere comunicative, oppure dalla mancanza di esperienza e di sicurezza da parte dei professionisti che si prendono cura dei pazienti nel fine vita in ambiti diversi da quello delle cure palliative specialistiche.

La letteratura scientifica, inoltre, condivide come la definizione della “complessità” possa essere maggiormente critica nei pazienti con patologie cronico-degenerative, non oncologiche, per via della fluttuazione delle traiettorie di malattia che rendono la valutazione dei bisogni ancora più difficilmente standardizzabile. Articoli recenti di Pask et al. e Hodiamont et al., si sono concentrati sul concetto base della complessità per considerare quali pazienti vengono visualizzati come complessi e quali fattori lo possano determinare.

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Fonte: l’Infermiere Online – Sito istituzionale FNOPI

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