Le novità del DDL Lorenzin spiegate in quest'articolo

Il provvedimento contiene una delega al Governo su cui abbiamo lavorato a lungo sia noi, che i colleghi della Camera dei deputati.
È evidente che, essendo durato molto l’esame, c’è stato bisogno di un aggiornamento successivo, perché, nel frattempo, si sono fatte nuove scelte e innestati nuovi problemi. Pertanto, è ovvio che il testo risulti modificato.

Anzitutto, la prima novità che trovo di grandissima importanza è l’allargamento, nell’articolo 1, della revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, anche ai fini dell’introduzione di uno specifico riferimento alla medicina di genere, nonché all’età pediatrica. Si tratta di un punto molto importante, di cui abbiamo discusso diverse volte in quest’Assemblea e molte altre in Commissione. Sono temi seri che riguardano norme sulla trasparenza del lavoro nel campo della ricerca e tra i principi e i criteri direttivi della delega sono state introdotte alcune norme in via diretta.

In particolare, le norme di cui all’articolo 2 concernono i comitati etici.

Permettetemi di dire che questo è un punto di grande rilievo, perché i comitati etici sono la garanzia dell’appropriatezza e del corretto svolgimento delle sperimentazioni cliniche. Non mi soffermo su questo perché tutti in quest’Assemblea abbiamo vissuto Stamina. Mi pare, quindi, particolarmente importante segnalare che i comitati etici sono, appunto, comitati etici al plurale e non ciò che si era paventato originariamente, ossia un unico comitato etico. Ci sono comitati etici territoriali, in grado di assolvere alla funzione, che è davvero propria e rilevante.

L’articolo 3, che è stato inserito dalla Camera dei deputati (nel testo licenziato dal Senato la previsione era contenuta nell’articolo 1), riguarda disposizioni concernenti la medicina di genere. Su questo vorrei essere chiara. Quando parliamo di medicina di genere, ci riferiamo non alla medicina delle donne, ma alla medicina per uomini e donne, cioè rispettosa dei corpi e delle menti di uomini e donne, molto importante per quanto riguarda proprio i farmaci. Pensiamo ai trials clinici, fatti prevalentemente su una popolazione maschile. Pensiamo, quindi, a farmaci che non sempre hanno lo stesso effetto – anzi, quasi mai – sugli uomini e sulle donne. Ciò dovrebbe essere normale, ma non lo è, tanto è vero che inserire la medicina di genere significa esattamente questo, cioè consentire l’immissione nel mercato di farmaci rispettosi.

Faccio solo l’esempio delle malattie cardiovascolari. Di solito si tende a pensare che si tratti di malattie prevalentemente maschili, ma non è più così. Tuttavia, sappiamo che i farmaci sono testati prevalentemente sui maschi. L’osteoporosi viene considerata normalmente una malattia tipicamente femminile. Sappiamo che non è così, eppure i farmaci per l’osteoporosi sono testati fondamentalmente sulle donne.

Si tratta, quindi, di una norma – quella sulla medicina di genere – che ristabilisce quella differenza così importante, anche come valore della medicina, dal punto di vista della formazione, in un’ottica mainstream (quindi non facoltà specifiche, ma la possibilità di un approccio di genere in tutta la disciplina medica e nella disciplina scientifica).

L’articolo 4 reca una revisione della disciplina degli ordini e delle professioni sanitarie, che in parte è stata modificata; in particolare, si parla della strutturazione degli ordini professionali e degli ordini sul territorio, delle relazioni tra le federazioni e dei codici deontologici.

L’articolo 5 inserisce all’interno del sistema sanitario nazionale l’area delle professioni sociosanitarie (operatore sociosanitario, assistente sociale, sociologo, educatore professionale), fermo restando che sono di carattere sociosanitario, cioè attengono a quell’area che tende a occuparsi di una disciplina integrata, che contempla i due aspetti, sia sociale che sanitario.

L’articolo 6, inserito dalla Camera, modifica la disciplina vigente sui criteri e le procedure per l’istituzione di nuove professioni sanitarie. Sappiamo che è un problema, perché molte professioni premono ed era giusto dare un protocollo che consentisse, nel tempo, un percorso lineare per l’eventuale inserimento di professioni all’interno del Servizio sanitario nazionale.

L’articolo 7 prevede che, nell’ambito delle professioni sanitarie, siano individuate le professioni dell’osteopata e del chiropratico, altra cosa di straordinario rilievo per il nostro Paese. Voglio solo ricordare che, da una recente ricerca, le persone che si curano con l’osteopatia in Italia sono circa 10 milioni, quindi parliamo di un fenomeno molto ampio. È importante che, accanto all’individuazione della professione, vi sia tutto il normale percorso di validazione da parte del Consiglio superiore di sanità e della Conferenza Stato‑Regioni, nonché, poi, la predisposizione del percorso formativo e delle eventuali equipollenze. Le altre grandi professioni rimangono inalterate.

Voglio ricordare che la novità di questo disegno di legge di delega sta in un articolo che noi abbiamo già approvato (non dovrei parlarne, ma lo cito affinché sia chiaro ai colleghi, perché è passato tanto tempo). Mi riferisco al riconoscimento di un ordine professionale in particolare, oltre a infermieri, biologi e altri: quello dei tecnici di radiologia medica, entro cui saranno collocati gli albi delle professioni che contengono meno professionisti, ossia che sono minori nel senso che sono più piccole, ma non per questo meno importanti. Penso, ad esempio, ai fisioterapisti, ai podologi, agli igienisti dentali, ai logopedisti. Tutte queste professioni potranno avere finalmente un albo e, se supereranno i 50.000 iscritti, potranno diventare un ordine separato, autonomo.

Proseguo velocemente, perché le cose sono davvero tante.

L’articolo 11 reca la novella rispetto al Comitato strategico del Sistema nazionale delle linea guida, cosa importante relativamente alla legge sulla responsabilità professionale.

L’articolo 12 parla del reato di esercizio abusivo della professione ed è di straordinaria importanza perché l’abusivismo professionale è veramente una delle piaghe che dobbiamo combattere, soprattutto nel campo della sanità.

Permettetemi soltanto di citare un articolo prima di concludere, sapendo che ci sono, poi, gli articoli che parlano della dirigenza del Ministero della salute e della disciplina del punteggio massimo dei titoli relativi all’esercizio professionale nell’ambito dei concorsi per l’assegnazione di sedi farmaceutiche. C’è un articolo – a cui penso tutti dobbiamo tenere molto – che è l’inasprimento delle pene per tutti coloro che non chiamerei professionisti, ma personale che in modo scellerato agisce violenza nei confronti delle persone anziane, dei bambini, dei disabili e delle persone più deboli all’interno delle strutture.

Tengo molto a questo argomento e penso che questo sia un disegno di legge delega molto importante e mi auguro possa essere condiviso, perché davvero consentirà al massimo di poter lavorare meglio nel Servizio sanitario e di rispondere a più di un milione di professionisti che da dodici anni aspettano di essere riconosciuti nella loro qualità professionale

Emilia Grazia De Biasi

Presidente Commissione Igiene e Sanità del Senato

Fonte: Ipasvi

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