Infermieri: la prima risorsa a livello territoriale

Gli infermieri sono, secondo i cittadini, i più presenti nelle cure domiciliari: 84,31 per cento. Una presenza che secondo il monitoraggio dei servizi sul territorio “Fuori dall’Ospedale dentro le Mura Domestiche”, di Cittadinanzattiva, è seguita al 73,87%, circa il 10% in meno, da medico di base o pediatra di libera scelta.

Più “staccati” il medico specialista (43.05%), il fisioterapista (37.65%), l’operatore socio sanitario (17.93%), l’assistente sociale (12.53%), il logopedista (5.62%), lo psicologo (4.18%), l’educatore professionale (0.43%), il terapista occupazionale (0.86%), lo psicomotricista dell’età evolutiva (0.29%). Chiude la composizione dell’equipe la voce “altro” con un 5.76 per cento.

E scorrendo il rapporto, la figura dell’infermiere  risalta ancora di più per la sua presenza sul territorio. Per quanto riguarda ad esempio la reperibilità dei professionisti, lo specialista non è una figura spesso reperibile (non lo è nel 56,97% dei casi e lo è solo al 26%) e lo è, cinque giorni su sette, ma solo per poco più di un quarto dei rispondenti. L’infermiere al contrario è reperibile 5 giorni su 7 nel 34,54% dei casi. E ancora, la reperibilità analizzata per fasce orarie ci rappresenta una situazione dove la maggiore erogazione del servizio è affidata all’infermiere che, secondo il 66,88% di risposte, è rintracciabile nella fascia oraria 07.00 – 14.00.

La percezione degli intervistati rispetto alla disponibilità degli operatori vede premiati gli infermieri con un giudizio positivo (59,52%) seguiti dal medico di famiglia con un distacco di oltre 17 punti (42.26%). Complessivamente la percezione sulla disponibilità, segue un trend stabile nel caso degli specialisti i cui valori positivi si sistemano su una percentuale media del 25,70%, mentre quelli negativi sono in media stabili all’11,45 per cento (ma per l’infermiere si fermano allo 0,86%).

E non è solo un fatto di presenza o reperibilità: a contribuire alla definizione della diagnosi, dopo i medici specialisti (85.71%) e quelli di famiglia (35.06%), sono proprio gli infermieri (7.79%), seguiti poi da psicologi (5.19%) e assistenti sociali (1.30%).

E alla domanda rivolta ai pazienti su cosa migliorerebbero dell’assistenza domiciliare, nessuna risposta riguarda in prima persona gli infermieri, anche se nella voce “altro” è compresa l’assistenza infermieristica notturna che difficilmente il servizio pubblico eroga.

Tra le ipotesi che potrebbero contribuire a migliorare l’aderenza alle terapie, poi, la più gettonata (43%) è la disponibilità di figure di riferimento presso la struttura/reparto/servizio dedicate, seguita da gruppi di supporto (automutuo aiuto, incontri periodici con medici, infermieri, farmacisti e gruppi di pazienti) e dalla sburocratizzazione quasi nel 28% dei casi.

 “I cittadini – commenta Cittadinanzattiva il monitoraggio – apprezzano la disponibilità e professionalità degli operatori delle cure domiciliari, ma lamentano in due casi su cinque una eccessiva rotazione nel personale inviato a casa. Sempre lunghi i tempi per l’attivazione dei servizi a domicilio: uno su cinque attende oltre dieci giorni; più di un mese di attesa per un quarto dei cittadini che necessitano di letti antidecubito, o di traverse e pannoloni; un cittadino su tre attende oltre un mese anche per la carrozzina, e uno su dieci per ottenere farmaci indispensabili”. Quel che serve, commenta Tonino Acetti, coordinatore di  Cittadinazattiva, sono precisi standard per il territorio analoghi a quelli dell’ospedale.

 
Fonte: Ipasvi

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