Rischi e lesioni correlate alla contenzione fisica

Le linee guida sono abbastanza chiare e identificano nell’infermiere la figura professionale che presenta la responsabilità più importante, ossia quella di assistere il paziente e rispondere dei suoi bisogni, controllandolo periodicamente ed evitando che vi possa essere l’insorgenza di lesioni.

Spesso, però, viene tralasciato questo aspetto legato alle lesioni e ai rischi causati dalla contenzione: questi, in effetti, devono approfonditamente essere analizzati in équipe e soprattutto dagli infermieri, ponendo un’attenzione particolare al piano assistenziale individuale. Valutare lo stato cognitivo di un paziente e le possibili problematiche relative al suo stato di salute risulta di primaria importanza per rimettere in perfetto stato di salute il paziente, evitando l’insorgere di complicanze legate alle pratiche assistenziali non corrette.

Quando si parla di rischi e lesioni correlate alla contenzione fisica si analizzano tutti quelle procedure e quegli accorgimenti che debbono essere discussi ed utilizzati per ogni singolo paziente contenuto, affinché si eviti che il soggetto possa auto lesionarsi o possa aggravare il suo quadro in seguito ad un nostro intervento sbagliato e non basato sulle prove di efficacia.

Una revisione sistemica di Evans ha studiato le lesioni collegate alla contenzione fisica, ovvero quelle causate dalla pressione esterna del dispositivo contenitivo, quali abrasioni, lacerazioni, strangolamento e quelle legate ad effetti indiretti della contenzione fisica, provocate cioè dall’immobilità forzata a cui è costretto il paziente. Queste ultime si possono identificare nell’aumento del tasso di mortalità, di lesioni da pressione, nelle cadute, nell’impossibilità di tornare al domicilio dopo la dimissione.

LESIONI DIRETTE

In letteratura, escluse le situazioni di manifesta violenza (fisica e/o sessuale) o di atti “impropri” da parte dei pazienti degenti (ad esempio i tentativi di liberarsi dal dispositivo di contenzione), esistono davvero poche informazioni sulla prevalenza di lesioni correlate direttamente alla contenzione fisica. Tra i diversi casi studiati ne sono state analizzate alcune che possono di seguito essere descritte:

  • Lesioni nervose: sono determinate dalla combinazione dei dispositivi di contenzione da applicare al tronco, simili a corpetti e i polsini di contenzione ai pazienti con la testata del letto elevata. La forza di scivolamento verso il basso causata dai polsini di contenzione determina la risalita, con arrotolamento del corpetto fino alle ascelle, ed esercita una pressione sul plesso brachiale distale. Conseguentemente a questo tipo di lesione si può osservare nel paziente una perdita di sensibilità all’arto interessato con manifestazioni locali quali intorpidimento e le dita possono apparire bianche o bluastre. In alcuni casi risulta essere assente anche la pulsazione radiale per cui è di fondamentale importanza agire il prima possibile identificando la possibilità di lesione correlata al dispositivo di contenzione. Nei casi più gravi può determinare una contrattura permanente della mano e del polso con le dita che possono deformarsi assumendo una forma a artiglio (classici della sindrome di Volkmanm).
  • Lesioni ischemiche: questo tipo di lesioni sono dovute alla contrattura ischemica dei muscoli intrinseci di entrambe la mani a seguito di 48 ore di contenzione delle stesse contro il bacino con una cinghia in cuoio. Questo tipo di cinta non viene comunemente usata in quanto si preferiscono quelle in poliuretano morbido, con tessuto traspirante. L’ischemia è comunque una lesione che ha un impatto importante per il paziente: viene a mancare completamente il flusso di sangue ad un organo e, in questo caso, ad entrambe la mani con la successiva perdita di funzionalità selle stesse. In questi casi bisogna fare particolarmente attenzione affinché il paziente non abbia mai questo tipo di disturbo.
  • Tromboembolia: la letteratura segnala il rischio di trombosi venosa e di embolia polmonare nei pazienti contenuti a lungo, anche in assenza di fattori di rischio precedentemente esistenti. L’embolia polmonare è l’ostruzione acuta di uno o più rami dell’arteria polmonare da parte di materiale trombotico proveniente dalla circolazione venosa sistemica. Nel nostro caso, quando si parla di contenzione fisica, gli emboli partono da una trombosi venosa profonda degli arti inferiori nella maggior parte dei casi e nella restante da una trombosi venosa profonda degli arti superiori. E’ importante saper distinguere i sintomi per avere una rapidità d’azione che permette di salvare il paziente. Tra i sintomi, infatti, ad un primo livello abbiamo difficoltà respiratorie, dolore al torace durante l’inspirazione e palpitazioni. Successivamente vi può essere cianosi, tachipnea e tachicardia. Nei casi più gravi si può arrivare anche alla morte improvvisa. Il trattamento si basa su farmaci anticoagulanti. Quando si opta per la contenzione fisica si valuta anche il trattamento preventivo per questo genere di “complicanza”.
  • Asfissia: un certo numero di articoli ha identificato che esiste un collegamento tra l’uso dei dispositivi di contenzione e il rischio di asfissia. Questa condizione è caratteristica per l’assenza o la scarsità di ossigeno nel sangue che impedisce una respirazione normale. Il paziente che si trova in questa condizione perde subito la coscienza e rapidamente si giunge a danni cerebrali e alla morte. In questi articoli si riportano diversi casi in cui la persona è rimasta intrappolata nel dispositivo di contenzione fisica o è stata trovata appesa al dispositivo nel tentativo di arrampicarsi dal letto o da una sedia. Questi sono i casi tipici di asfissia da compressione nella quale vi è una limitazione all’espansione polmonare a causa di una forza che spinge sul torace del paziente e determina una minor quantità di ossigeno e una maggiore di anidride carbonica.
  • Morte improvvisa: due studi descrivono la morte improvvisa in seguito ad un periodo prolungato di agitazione e di lotta contro la contenzione. Le indagini che furono condotte sui certificati di morte hanno dimostrato che un certo numero di morti sono avvenute come conseguenza dei dispositivi fisici di contenzione. Tuttavia questi certificati forniscono davvero poche informazioni su quanto spesso può accadere questo tipo di lesione diretta.
  • Ipertermia e sindrome neurolettica maligna: l’ipertermia è un forte aumento della temperatura corporea, conosciuta anche come colpo di calore. Questo tipo di condizione porta ad un meccanismo di compensazione che è la sudorazione che, passando il tempo, può portare alla disidratazione dell’organismo e gli organi smettono di funzionare, sopraggiungendo il coma e la morte. La sindrome neurolettica maligna, invece, è generalmente determinata da farmaci neurolettici. Questa sindrome si contraddistingue per la rigisità muscolare, febbre e cambiamenti cognitivi come il delirio. Ovviamente questi sono dei casi gravi che, in letteratura, sono comparsi raramente e sono stati opportunamente trattati.

LESIONI INDIRETTE

Abbiamo visto, in precedenza, quanto sia importante analizzare le lesioni di tipo diretto, ossia quelle causate dall’azione del mezzo di contenzione sul paziente. Vi sono, però, anche delle lesioni indirette, ossia che non sono causate direttamente dall’azione del dispositivo di contenzione ma che possono portare al sorgere di esiti avversi.
Anche un certo numero di lesioni indirette è stato collegato all’uso dei dispositivi fisici di contenzione. Tuttavia, è più difficile da dimostrare il collegamento tra i dispositivi di contenzione e questo tipo di lesioni, quindi è importante usare cautela nell’interpretazione di queste informazioni.

Gli studi dimostrano che i pazienti ospedalizzati sottoposti a contenzione sono maggiormente esposti al rischio di caduta, hanno degenze di maggiore durata, incorrono nelle infezioni nosocomiali, hanno un’aumentata mortalità e più difficilmente alla dimissione tornano al domicilio rispetto ai pazienti che non sono sottoposti a contenzione. L’uso della contenzione per i residenti delle case di riposo è stato associato con un certo numero di esiti avversi, quali il declino nel comportamento sociale e cognitivo e della mobilizzazione e un aumento nel disorientamento, lo sviluppo di lesioni da decubito e l’incontinenza urinaria e intestinale. Sebbene la contenzione sia usata per prevenire le cadute, i residenti contenuti hanno un rischio uguale o superiore di caduta rispetto ai residenti non contenuti. Inoltre, le lesioni gravi correlate alle cadute sono più comuni nei residenti sottoposti a contenzione. Per i residenti sottoposti contenzione in modo permanente il rischio di lesioni, rispetto a quelli soggetti a contenzione ad intervalli, è più elevato. Per concludere, sembra che la sospensione della contenzione riduca il rischio di lesioni correlate alle cadute.
In letteratura sono stati identificati molti suggerimenti su come poter ridurre il rischio di lesione, tra cui i più comuni sono:

  1. Seguire le raccomandazioni dei fornitori;
  2. Orientamento dello staff e la formazione sull’uso dei dispositivi della contenzione e sui pericoli ad essi connessi;
  3. Evitare assolutamente l’isolamento della persona contenuta;
  4. Ridurre l’uso della contenzione.

Questi sono tra gli aspetti più importanti da tenere in conto quando si parla di contenzione e verranno analizzati in seguito.

3 Comments

  1. Se un paziente esprime il suo volere di essere contenuto (solo verbalmente senza aver firmato alcun consenso) solo per paura di cadere, ma al suo risveglio non ricorda di aver fatto tale richiesta, come dobbiamo comportarci? In quel caso siamo punibili agli occhi della legge?

    • La contenzione fisica è un atto sanitario quindi è il medico e la sua equipe che valuta se il paziente ha bisogno di tale tratamento mentre il pz(in grado di intendere di volere). o il suo tutore legale deve firmare il consenso.

  2. avrei bisogno di un articolo dove sono specificate le “conseguenze sui aspetti psico/fisico emotivi della Persona con Alzheimer

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