Infermieri e farmaci: arriva il sì!

E’ ormai acquisizione unanime che, nelle patologie tempo dipendenti, la precocità dell’inquadramento diagnostico e i conseguenti provvedimenti terapeutici, anche farmacologici, assumono un ruolo critico nell’esito clinico. Sono anni che si discute, a questo proposito, della somministrazione in maniera autonoma di determinati farmaci salva-vita in determinati condizioni patologiche che richiedono un rapido intervento. Nonostante ciò si continuano a verificare ritardi nel trattamento di detti quadri clinici, a causa delle seguenti ragioni, ormai conosciute unanimamente da tutti i professionisti sanitari:

  1. Ritardo nell’attivazione dei Servizi di Emergenza Territoriale 118 da parte della popolazione;
  2. Intervallo tra insorgenza dell’evento e primo contatto medico eccessivamente lungo e non adeguato;
  3. Sovraffollamento dei Dipartimenti di Emergenza con conseguente aumento del rischio clinico legato alla patologia.

In particolare la somministrazione, da parte degli infermieri, di terapie, anche farmacologiche, secondo protocolli condivisi ed emanati ufficialmente dal Direttore della Centrale Operativa 118 (concordati con il Responsabile Territoriale, nelle realtà nelle quali sussiste tale figura), si inquadra in processo finalizzato alla tempestività del trattamento e spesso risulta essenziale per la salvaguardia della vita e/o della salute dei pazienti, come in caso di overdose da oppiacei, grave sindrome ipoglicemica, sindrome coronarica acuta, insufficienza respiratoria acuta, attacco cardiaco imminente. I presupposti giuridici di dette procedure vanno ricercati nel DPR 27 marzo 1992 “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria di emergenza”, che, all’art. 10 riporta quanto segue: “il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal Medico responsabile del servizio”. Tale dispositivo ben si coniuga con l’evoluzione della figura infermieristica, sancita dal DM 739/94 e dalla Legge n. 42/99, caratterizzata dal riconoscimento di specifica autonomia e responsabilità professionale in ambito preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo. Ci sono svariate condizioni cliniche che potrebbero richiedere l’autonomia da parte degli infermieri nella somministrazione della terapia farmacologica. Per arrivare al riconoscimento di questa specifica azione ci potremmo servire di diversi servizi quali un vero e proprio corso formativo che sia incentrato sul riconoscimento di condizioni critiche tempo-dipendenti e anche attraverso l’uso di linee guida ben specifiche a riguardo. Ma questo non è tutto: ci sarebbe anche la continuità di comunicazione con il medico della Centrale Operativa che potrebbe rendere il tutto ancora più semplice. Eppure siamo ancora ancorati alla figura medica con ritardi continui nell’intervento e, in diversi casi, anche la morte da parte dei pazienti. La Società Italiana Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU), Italian Resuscitation Council (IRC) e Associazione Nazionale Infermieri di Area Critica (ANIARTI) sostengono tali procedure nell’interesse dei pazienti, impegnandosi e promuovendo un’attività formativa specifica e finalizzata su tutto il territorio nazionale, accanto ad un processo di revisione e miglioramento continuo dei protocolli di trattamento in emergenza, con particolare rifermento alle condizioni caratterizzate da evolutività e potenzialmente a rischio di vita.

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