Somministrazione di farmaci per via inalatoria

La somministrazione di farmaci per via inalatoria è una delle somministrazioni per le quali ci sono voluti molti studi prima di validarne l’effettiva efficacia. Oggi questa è una delle vie di somministrazione utilizzate nei casi in cui i pazienti debbano trattare le vie aeree a causa di qualche meccanismo fisiopatologico che ne evita la riuscita in altri modi. Sfrutta la possibilità di distribuire la dose, nebulizzata in particelle di piccole dimensioni dal dispositivo di somministrazione e poi inalata dal paziente, direttamente a livello della superficie interna delle vie aeree, che sono il bersaglio del trattamento, su una superficie molto ampia (circa 70 m2) ma con una concentrazione molto bassa, il che riduce gli effetti tossici a livello locale. Possono essere somministrati in questa maniera farmaci broncodilatatori, cortisonici, antiallergici e antibiotici.
Perché il trattamento per via inalatoria sia efficace e la dose di farmaco che raggiunge i polmoni sia adeguata è necessario che i pazienti e chi li assiste conoscano ed eseguano correttamente le manovre per l’erogazione dei farmaci. Gli operatori sanitari devono illustrare le caratteristiche dei dispositivi, consigliare quelli più adeguati anche in base alle caratteristiche del paziente. Alcuni pazienti, infatti, causa l’età, la ridotta manualità o la presenza di deficit cognitivi, non sono in grado di coordinare l’attivazione del dispositivo e l’inspirazione. Con un uso non corretto la quantità di farmaco che raggiunge i polmoni può essere molto bassa (anche meno del 10%).
Più fattori possono influire sulla somministrazione e sull’assorbimento di un farmaco per via inalatoria. Tra questi hanno un ruolo fondamentale, al di là dell’abilità individuale, le caratteristiche tecniche dei dispositivi di erogazione. Il fatto che molti principi attivi siano insapori non facilita il paziente nel capire se ha assunto o no la dose di farmaco prescritta. L’assorbimento del farmaco nell’albero respiratorio dipende anche dalle dimensioni delle particelle espulse dall’inalatore: più sono piccole, maggiore è la diffusione in profondità fino ai bronchioli e agli alveoli. Infatti le particelle di diametro >5 μ si depositano in orofaringe; quelle comprese tra 2 e 4 μ in trachea e bronchi. Il diametro ottimale perché vengano raggiunti i polmoni è di 1-3 μ. La maggior parte degli inalatori eroga particelle comprese tra 1 e 5 μ.
Un corretto impiego dei farmaci per via inalatoria prevede che:

  • i farmaci vengano somministrati prima dei pasti, per favorire un assorbimento migliore, dal momento che nei pazienti con problemi respiratori il pasto può rendere più faticosa l’inspirazione profonda;
  • il dispositivo di erogazione sia tenuto lontano dagli occhi;
  • i farmaci broncodilatatori vengano somministrati per primi per facilitare l’assorbimento a livello bronchiale dei farmaci successivi;
  • le labbra aderiscano bene intorno al connettore;
  • il paziente si sciacqui la bocca dopo ogni somministrazione per eliminare i residui depositati sulle mucose e l’eventuale gusto sgradevole provocato dal passaggio della soluzione.

Gli aerosol dosati garantiscono un buon assorbimento del farmaco, la somministrazione della dose corretta, la praticità d’uso (il paziente può portarli con sé e usarli all’occorrenza o quando prescritto).

  • Il farmaco dosato è in forma liquida, disciolto o sospeso in un gas propellente sotto pressione. Quando il dispositivo viene attivato, un sistema a valvola rilascia un volume predeterminato di propellente che fornisce la forza per espellere e disgregare le particelle di farmaco.
  • In genere sulla confezione è riportato il numero delle dosi, ma può essere utile consigliare al paziente di annotare quando si comincia a usare la bomboletta, dal momento che è piuttosto difficile riconoscere quando la sostanza contenuta è finita.
  • Gli aerosol dosati possono essere attivati manualmente o mediante il respiro. Con i primi, che sono i più usati, una sostanziale proporzione del farmaco si deposita nell’orofaringe e non raggiunge quindi l’organo bersaglio. Per ovviare a questa difficoltà si può ricorrere a uno spaziatore. Nei dispositivi attivati dal respiro, invece, l’erogatore è attivato automaticamente dal paziente, che deve far aderire bene le labbra intorno al boccaglio e inspirare producendo una velocità di flusso di circa 30 l/min: questa può essere raggiunta anche da pazienti con difficoltà respiratoria, ma non dai bambini sotto i 6 anni di età. Questi aerosol sono comunque più difficili da usare rispetto a quelli ad attivazione manuale perché richiedono maggiore coordinazione tra l’inspirazione e la fuoriuscita della sostanza dall’erogatore.

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I somministratori jet sono un’evoluzione degli aerosol dosati ad attivazione manuale in cui la configurazione del dispositivo costringe le particelle a girare circolarmente al suo interno, in modo tale da restare in sospensione per un tempo sufficiente a scaricare la propria energia cinetica e a permettere l’evaporazione parziale del propellente, per essere poi erogate a una velocità ridotta. Ciò riduce la quota di farmaco che si deposita in orofaringe e ottiene una migliore penetrazione nelle vie aeree inferiori senza la necessità di usare uno spaziatore. Per quanto riguarda le modalità di somministrazione, un’importante differenza rispetto agli aerosol dosati è che attraverso il dispositivo jet si possono effettuare più atti respiratori.
Per facilitare l’erogazione del farmaco per via inalatoria e veicolarne la massima quota ai polmoni, possono essere utili gli spaziatori. Offrono diversi vantaggi aggiuntivi: evitano gli episodi di tosse che si possono verificare per la presenza di gas propellenti o di sostanze irritanti per aromatizzare il farmaco, aumentano la disponibilità delle particelle durante le inspirazioni successive e il loro deposito nelle basse vie aeree. Gli spaziatori sono adatti in particolar modo per i bambini e i pazienti con marcati problemi di coordinazione mano-respiro o che richiedono somministrazioni ripetute. Ne esistono di due 2 tipi: i distanziatori e le camere di espansione.
I distanziatori aumentano lo spazio che il farmaco deve percorrere prima di essere inalato, facendo evaporare il gas propellente, rallentando la velocità delle particelle e riducendo il loro diametro. Richiedono comunque una buona coordinazione mano respiro.
Le camere di espansione o reservoire fungono invece da riserva di sostanza che viene trattenuta tra un atto respiratorio e l’altro. Sono disponibili in plastica o in metallo e sono dotati da un lato di un raccordo per la bocca e dall’altro di un’apertura per l’inserimento della bomboletta pressurizzata.
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  • Alcuni dispositivi in commercio permettono l’apertura della camera solo quando il paziente inspira, mentre mantengono chiuso il reservoire durante l’espirazione, garantendo così la disponibilità del farmaco per un tempo più lungo.
  • Nei bambini sotto i 2 anni si può connettere la camera di espansione a una maschera facciale naso-bocca.
  • Il dispositivo va lavato con acqua e sapone neutro almeno una volta al mese e fatto asciugare all’aria senza strofinarlo, perché le pareti dello spaziatore dotate di carica elettrostatica possono ridurre le particelle di farmaco disponibili. Va sostituito almeno ogni anno o secondo le indicazioni della casa produttrice.

Gli erogatori di polveri non richiedono gas propellenti perché sfruttano la capacità inspiratoria del paziente per far arrivare nei polmoni il farmaco sospeso in particelle. Anche in questo caso il flusso necessario per attivare il dispositivo è di 30 l/min. Il grande vantaggio degli erogatori di polveri è che non occorre coordinare l’attivazione del dispositivo con l’inspirazione, per cui i pazienti li trovano più facili da usare rispetto agli aerosol dosati.

  • Le polveri erogate non hanno alcun sapore. Ciò ha il vantaggio di evitare sapori sgradevoli in bocca, ma lo svantaggio di non poter controllare l’effettiva fuoriuscita del farmaco, per cui il paziente può non capire se è avvenuta l’inalazione della sostanza. Anche agli inalatori in polvere è possibile applicare uno spaziatore.In commercio si trovano inalatori monodose e multidose.

Gli erogatori monodose sono composti da un dispositivo, generalmente in plastica, nel quale occorre caricare il farmaco contenuto in capsule monodose. Questi dispositivi offrono il vantaggio di poter controllare lo svuotamento della capsula e quindi anche verificare che la dose sia corretta e, se necessario, di ripetere la manovra.
Gli erogatori multidose possono contenere 10, 100 o più dosi, conservate in singoli alloggiamenti all’interno di un disco in un unico serbatoio connesso a un dosatore volumetrico, che per ogni attivazione preleva una singola dose di principio attivo. Questi inalatori sono dotati di un contatore che permette di controllare il numero di dosi residue, ma è più complesso verificare l’avvenuta somministrazione. L’uso oltre il numero di volte indicato non garantisce la somministrazione della corretta dose di farmaco.
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La somministrazione di farmaci per via inalatoria può avvenire anche attraverso i generatori di aerosol o nebulizzatori, apparecchi in grado di trasformare una soluzione di aria e particelle di farmaco miscelate con un diluente in una “pioggia” finissima che, inalata, raggiungere le basse vie aeree. I farmaci destinati alla nebulizzazione sono di solito già pronti per l’uso. Se vanno diluiti, si deve verificare qual è il diluente adatto; spesso si utilizza una fiala da 10 ml di soluzione fisiologica. In questo caso, la soluzione va preparata appena prima della somministrazione per via inalatoria, per ridurre il rischio di contaminazione o di alterazione del farmaco, evitando di mescolare più farmaci poiché si potrebbe verificare un’interazione con fenomeni di precipitazione.
La nebulizzazione può avvenire usando l’ossigeno (pressione intorno a 6-8 l/min) o, nei pazienti a rischio di ipercapnia, l’aria compressa.
L’inalazione del farmaco può avvenire mediante ghiera boccale, ghiera nasale, maschera nasale o bucconasale. La maschera va usata soprattutto nei neonati e nelle emergenze e deve aderire bene al volto del paziente che deve respirare con la bocca. Tutti questi presidi possono essere monopaziente, da pulire dopo ogni applicazione, oppure monouso, da gettare dopo ogni applicazione.
I nebulizzatori presenti in commercio sono suddivisi in 3 tipi secondo la modalità con cui viene prodotta la nebulizzazione: nebulizzatore pneumatico; nebulizzatore a membrana; nebulizzatore a ultrasuoni. In generale, si preferiscono gli apparecchi pneumatici poiché sono adattabili a tutti i tipi di soluzione, sono facili da impiegare e da pulire, meno costosi e garantiscono una dimensione adeguata delle particelle nebulizzate.
I nebulizzatori pneumatici e a membrana sono adatti per la somministrazione di soluzioni sia oleose sia acquose, mentre quelli a ultrasuoni non sono adatti alle soluzioni oleose né alle sospensioni e hanno inoltre la caratteristica di riscaldare la soluzione, con il rischio di alterare le proprietà dei farmaci termosensibili.
Il paziente deve essere seduto o semi seduto, in posizione comoda, deve respirare con inspirazioni lente e profonde, seguite da una pausa di qualche secondo dopo l’espirazione profonda. La fine della seduta è determinata dall’arresto della produzione di aerosol dall’apparecchio.
In ogni caso è preferibile che una seduta, soprattutto per i bambini, non duri più di 10 minuti. Per calcolare la dose somministrata si deve tener conto del residuo di soluzione rimasto nell’ampolla.
Per evitare la proliferazione batterica e la cristallizzazione dei residui di farmaco sulle superfici del dispositivo, occorre pulire frequentemente il dispositivo nebulizzatore.
 

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