Giornata Internazionale dell’Infermiere, Nursing Up: “Viviamo da poveri”

Si celebra, oggi, la giornata internazionale dell’Infermiere.

Eppure, da qualche anno a questa parte, c’è ben poco da festeggiare, tra stipendi bassi, affitti introvabili, turni massacranti, continui richiami in servizio e una carenza di personale che rischia di affondare l’Italia nel baratro.

E’ proprio il presidente del Nursing Up a porre accento sui problemi della professione infermieristica, problemi che non vogliono essere risolti: “Infermieri poveri, umiliati e stremati. La nostra professione  è diventata una condanna, altro che vocazione. I numeri lo confermano: oltre 20mila dimissioni volontarie in soli nove mesi del 2024, un esodo mai visto prima. Un +170% rispetto al 2023. E se nulla cambia, a fine anno saranno più di 30mila gli infermieri in fuga dal Servizio Sanitario Nazionale.

L’emorragia ha un volto preciso: quello degli infermieri meridionali che erano emigrati al Nord per lavorare. Ora tornano a casa perché non ce la fanno più a vivere con stipendi da 1.500/1600  euro al mese e affitti che ne assorbono quasi il totale. A Bologna, Milano, Venezia si registrano decine di dimissioni ogni mese, molte senza sostituzioni. “Paghiamo per lavorare. È un’umiliazione quotidiana”, raccontano.

La soglia minima per vivere da soli nelle principali città italiane supera in molti casi di 300-400 euro lo stipendio medio netto di un infermiere. A Milano il gap arriva a 450 euro. “Siamo poveri certificati, lavoratori fragili, eppure teniamo in piedi gli ospedali. Oltre il 70% dei professionisti è costretto a indebitarsi per arrivare a fine mese.

Oltre alla miseria, anche la violenza: 130.000 infermieri aggrediti ogni anno, e il 2025 ha già registrato un incremento del 30% nei primi tre mesi. “Non solo non siamo tutelati: siamo lasciati soli, sotto tiro, nel silenzio delle istituzioni.”

La carenza reale di tale personale è drammatica. Vogliamo credere al dato “antico” di 65mila  che alcune fonti, come la FNOPI, citano ancora oggi in molti comunicati, oppure a quello di almeno 175mila, calcolato sulla base degli standard UE, che emerge elaborando i dati OCSE?. “Altro che carenza: è una disfatta.

Un’indagine interna su 1.500 infermieri tra novembre e marzo 2025 rivela uno scenario devastante:

  • 90% si sente sottovalutato
  • 88% non crede in un miglioramento
  • 75% sconsiglierebbe ai giovani di fare l’infermiere
  • 60% valuta di trasferirsi all’estero
  • 70% vive con rinunce gravi o debiti

“Se un infermiere entra in ansia “davanti al proprio conto in banca”, come se dovesse assistere “un tragico codice rosso”, allora la sanità ha già fallito.

Il 12 maggio non può più essere solo una celebrazione. Siamo al punto di non ritorno. O si salva la professione infermieristica ora, o la sanità pubblica crolla. E con essa l’Italia che si prende cura dei cittadini”, conclude De Palma.

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Roma, 17 nov. (askanews) - “Il Governo ci ascolti, non può ignorare piazze così partecipate da Nord a Sud come quelle degli infermieri di oggi. Lo sciopero di 24 ore indetto dal Nursind solo da stamattina ha già visto l’astensione dal lavoro di circa il 75% del personale interessato, al netto, naturalmente, di chi doveva garantire i servizi essenziali”. Lo dice in una nota Andrea Bottega, segretario nazionale del primo sindacato autonomo degli infermieri. “Con attività ambulatoriali e sale operatorie sospese, i cittadini, purtroppo, stanno subendo grandi disagi, ma il vero problema è che la situazione eccezionale di oggi diventerà a breve la normalità”, prosegue Bottega. “La nostra è una protesta sentita. Con un messaggio chiaro alle istituzioni: di questo passo il Servizio sanitario nazionale rischia di rimanere senza infermieri. Scenario che comporta un inevitabile scivolamento verso una privatizzazione dei servizi, i cui costi ricadranno, ancora una volta, sulle tasche delle persone. Una ragione in più – conclude il segretario – per non arrenderci. Se le nostre istanze non verranno accolte, infatti, la protesta andrà avanti. La posta in gioco, e cioè la sopravvivenza della sanità pubblica, è troppo alta”.