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Aniarti, pubblicate le raccomandazioni sulla gestione del pz Covid-19 positivo in Terapia Intensiva

“È fondamentale tenere a mente che la rapida evoluzione dei cluster di infezione può in brevissimo tempo configurare una situazione di emergenza, senza avere il tempo di poter mettere in atto misure contenitive adeguate. Per questo l’anticipazione e la pianificazione diventa il mantra con cui affrontare questa epidemia”.

Questa la ragione delle raccomandazioni inviate dall’Aniarti – l’Associazione nazionale infermieri di area critica – ai colleghi italiani e di EFCCNa, l’European Federation of Critical Care Nursing Associations.

Obiettivo: “Condividere, le prime impressioni ed esperienze su ciò che abbiamo appreso nei primi giorni dell’epidemia di COVID-19”, scrive nella lunga nota Silvia Scelsi, presidente dell’Associazione.

Chi arriva in terapia intensiva

Chi si ricovera in terapia intensiva, spiega Aniarti nelle sue Raccomandazioni gestione COVID-19 in Area Critica”, lo fa per una grave insufficienza respiratoria ipossiemica che rapidamente peggiora in un quadro di ARDS (Sindrome da distress respiratorio acuto) e che richiede ventilazione meccanica e pronazione almeno nelle prime 48 ore.

Giudicando valide le misure prese per cercare di prevenire il diffondersi dell’infezione, Aniarti sottolinea che circa il 15% dei contagiati sono operatori sanitari, “mettendoci di fronte alla condizione di essere la categoria maggiormente a rischio”, si legge nella nota.

Terapia intensiva per il 10% dei pazienti sintomatici

Circa il 10% dei contagiati sintomatici viene ricoverato in una Terapia Intensiva o sub-intensiva. Per questo Aniarti spiega che occorre mettere in atto adeguate misure di sicurezza e contenimento del rischio di diffusione del virus durante tutte le fasi di cura ed assistenza delle persone in condizioni critiche.

Cosa considerare per essere pronti a gestire l’epidemia in terapia intensiva

Data la rapidità dell’evolversi della epidemia (che potrebbe assumere a breve i caratteri di pandemia), in attesa di conferme da parte della ricerca clinica, Aniarti illustra alcuni aspetti che sono stati messi in atto e che meritano di essere presi in considerazione per una gestione il più possibile prudente ed oculata.

  1. Organizzazione (o rafforzamento) della rete tra le Terapie Intensive a livello nazionale.
  2. Definizione e verifica di piani per emergenza pandemica (con verifica di dispositivi di cura e supporto d’organo, dispositivi di protezione individuale e adeguata formazione il più estesa possibile).
  3. Istituzione di adeguati protocolli di Triage rapido sul territorio e davanti ai Dipartimenti di Emergenza per individuare precocemente i pazienti con sospetto di COVID-19 ed indirizzare in percorsi logistici e clinici dedicati e separati rispetto alle altre condizioni cliniche degli utenti.
  4. Formazione capillare e puntuale con adeguate simulazioni sulle procedure di vestizione e svestizione con i dispositivi di Protezione Individuale (DPI).
  5. Identificazione degli ospedali che dovranno accogliere i pazienti COVID-19, oppure, all’interno di questi, rigorosa separazione delle aree di cura (di qualsiasi livello di intensità) dedicate alle persone affette da COVID-19, e dei percorsi di transito e trasporto relativi, comprese le aree di diagnostica radiologica.
  6. Adeguamento del numero degli infermieri con competenze di assistenza in terapia intensiva in previsione di rapporti infermieri pazienti il più possibile superiori ad 1:1. Il carico di lavoro è fortemente aumentato a causa del rallentamento fisiologico che indossare i DPI massimali comporta, oltre alla necessità di aumentare i livelli di attenzione per evitare eventuali contaminazioni e dispersione di virus SARS-Cov-2. Organizzare i turni di lavoro in modo che un infermiere resti sempre “pulito” al di fuori dell’area in cui è previsto l’utilizzo dei DPI.
  7. Aumento dei posti letto in terapia intensiva e subintensiva, con reclutamento privilegiato di personale infermieristico già esperto, in quanto le necessità di assistere numeri elevati di pazienti possono presentarsi improvvisamente ed assumere caratteri di rapidissima evolutività che non consentono percorsi di formazione e inserimento di neoassunti o inesesperti nelle terapie intensive.
  8. Previsione di carichi di lavoro aumentati a causa di elevate necessità di pronazione, e delle procedure di vestizione e svestizione dei DPI.
  9. Necessità di clusterizzare gli interventi assistenziali ed anticipazione di eventuali situazioni prevenibili/prevedibili per ridurre il tempo di stazionamento al letto del paziente e permettere adeguati tempi di intervallo di recupero senza DPI.
  10. Necessità di programmare i turni sui pazienti COVID – 19 in modo che gli infermieri non indossino i DPI per più 3 ore (4 al massimo), e adozione di adeguate misure di prevenzione di lesioni da pressione device correlate ai DPI (idrocolloidi protettivi su punti di contatto di maschere filtranti).
  11. Previsione della necessità di prolungare i turni di lavoro a causa del carico di lavoro, ma anche dei casi di possibile aumento di malattia tra il personale di assistenza.
  12. Potenziamento degli operatori di supporto per le necessità logistiche legate alla decontaminazione e ricondizionamento dei materiali di cura ed assistenza non monouso.
  13. Meticolosa sorveglianza circa le procedure di igiene ambientale quotidiana e terminale, con particolare attenzione a superfici di contatto comune e ripetuto come tastiere, PC, telefoni, interruttori, maniglie delle porte, e telefoni cellulari personali.
  14. Necessità di tenere presente la possibilità di supporto psicologico per i gruppi delle terapie intensive che affrontano questa situazione a causa l’aumento di stress-lavoro correlato, possibilità di burn-out in relazione all’allungamento dei tempi di “emergenza sanitaria”, di sensazione di isolamento ed ansia degli operatori (legata anche alla salute delle proprie persone significative).
  15. Particolare attenzione al refreshing sulle regole di sicurezza interna volte alla limitazione della dispersione dei contaminanti contenenti virus SARS-Cov2, particolarmente nelle procedure a rischio.

In rianimazione

Procedure che Aniarti elenca nella nota e continua aggiungendo all’elenco altri  punti su cui non farsi trovare disorganizzati:

In caso di attivazione dei MET (Medical Emergency Team) per manovre di rianimazione cardio polmonare, all’interno degli ospedali, gli operatori devono considerare il paziente sconosciuto come potenzialmente infetto, ed utilizzare i DPI previsti per i pazienti Covid (attrezzare gli zaini per l’urgenza con Kit completi di vestizione per almeno 2 operatori).

Va poi fatta segnalazione immediata ai superiori dell’eventuale interruzione di barriere date dai DPI individuali o da condizioni di esposizione accidentale.

“Il tempo di relazione è tempo di cura”

E Aniarti nella sua nota non dimentica un presupposto importante della professione di infermiere che è entrato a far parte dal 2019 del Codice deontologico degli infermieri italiani: il tempo di relazione come tempo di cura:

Limitazione prudenziale e temporanea dell’accesso alle visite dei pazienti in tutte le aree dell’ospedale, con assoluto divieto di ingresso a persone con sintomatologia respiratoria, sì, ma prevedere strategie alternative di comunicazione con le famiglie dei ricoverati (Skype, videochiamate, email, ecc.).

“L’infermiere – conclude Aniarti – nei confronti del paziente sveglio, si mantiene come interfaccia con il mondo esterno rispetto alla condizione di isolamento. Questa condizione non è nuova, particolarmente a chi assiste pazienti in isolamento protettivo per immunosoppressione (trapiantati, patologie ematologiche maligne in aplasia midollare…), e le misure di relazione terapeutica si mantengono presumibilmente in modo sovrapponibile a quelle succitate”.

Tratto dal sito istituzionale FNOPI

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