Corso ECM sul Codice Deontologico a Caserta: ecco di cosa si è parlato

Le religioni consultate dalla FNOPI nell’iter di predisposizione del Codice deontologico rispondono alla chiamata degli infermieri.

La prima è la CEI, Conferenza episcopale italiana, che in occasione del suo congresso della Pastorale per la Salute ha organizzato una sessione con crediti ECM dedicata proprio al Codice.

Il tema del congresso che si svolge a Caserta è “Feriti dal dolore, toccati dalla grazia” ed è dedicato al “tocco”, come ha spiegato in apertura Don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale della Pastorale della Salute. Un tema che “rimanda al gesto – ha spiegato ancora – che Gesù faceva nei confronti dei malati che voleva guarire”. “In questo dobbiamo riflettere – aggiunge Don Angelelli -, reimparare a essere vicini ai malati e ai sofferenti con un approccio diverso e anche con una capacità di toccarci diversa, rispettosa della sofferenza degli altri, ma non distante: farsi prossimi a loro”.

Il Codice, come ha spiegato in apertura del convegno dedicato Ausilia Pulimeno, vicepresidente FNOPI, presidente OPI Roma e chairman dei lavori assieme ad Angela Basile, Docente di Etica e Bioetica all’Università di Roma Tor Vergata che ha partecipato attivamente alla stesura del nuovo Codice, “esprime l’alleanza col cittadino, la vicinanza a chi soffre, la volontà di prendersi cura”.

“L’incontro di oggi – ha sottolineato nei suoi saluti il presidente dell’OPI di Caserta Gennaro Mona – rientra per noi in quanto lo stesso Codice prescrive, quando afferma che gli Ordini sono tenuti a recepirlo, farlo rispettare,  fare in modo che lo posseggano tutti gli iscritti  e a tenere corsi di aggiornamento e di approfondimento in materia deontologica, anche per comprenderne natura e finalità”.  

“Il Codice – ha detto in apertura dei lavori la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli – centralizza la relazione con l’assistito, ma riconosce anche l’infermiere come persona. E per leggerlo consapevolmente si deve vedere il suo sviluppo alla luce del panorama normativo mutato nei dieci anni che lo separano dalla precedente edizione, ma anche secondo lo sviluppo epidemiologico, che segna compiti importanti per gli infermieri e per la crescita della loro professione”.

“Una cosa – ha proseguito – deve essere chiara: il Codice può concorrere all’identità professionale dell’infermiere, ma il suo compito è definire con chiarezza quella deontologica e scientifica, perché l’infermiere nel suo compito deve avere anche una solida preparazione scientifica e formativa. In tutto questo un tassello fondamentale è rappresentato dalla ricerca, ma non perché dobbiamo avere 450mila infermieri dottori di ricerca, perché dobbiamo avere 450mila infermieri che devono saperla utilizzare, senza fermarsi alla quotidianità e alla consuetudine”. 

Mangiacavalli ha spiegato poi che il Codice regola il comportamento professionale, non l’organizzazione dei servizi e in questo ha preso spunto da un tema che spesso viene proposto: il cosiddetto demansionamento. Secondo la presidente FNOPI, che ha sottolineato a priori che i compiti dell’infermiere non sono certo mansioni, non è certo un tema da sottovalutare, ma il vero problema è di come si affronta: “Se lo si fa con lo spirito di una professione intellettuale – ha detto – i suoi limiti da comprendere riguardano se attiene o no la persona assistita. In questo il Codice può aiutare, ma non può e non deve dire cosa si fa e cosa non si fa”.

Mangiacavalli, spiegando l’evoluzione e le differenze sostanziali tra il vecchio e il nuovo Codice, ha ricordato che quello del 2009 è arrivato proprio agli albori della crisi che ha colpito i paesi occidentali e l’Italia e che ne è stato vittima dal punto di vista delle nuove difficoltà organizzative che hanno a che fare anche con la deontologia professionale.

“Questi dieci anni hanno cambiato e sviluppato la professionalità – ha detto – non solo degli infermieri. La nostra categoria professionale, come anche quella dei medici, sta invecchiando e si stanno presentando nuove e più gravi carenze, oggi legate anche a Quota 100. Per questo abbiamo bisogno di ragionare su modelli innovativi di assistenza che per noi si traducono ad esempio e con priorità assoluta nell’introduzione delle specializzazioni”.

“Questo nuovo codice – ha affermato la presidente FNOPI – introduce un valore fondamentale e nuovo per la nostra professione. Afferma che nell’agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo e questo dovrebbe essere naturale, come anche il fatto che si faccia garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali. Ma soprattutto sancisce che il tempo di relazione è tempo di cura. Abbiamo difronte una tecnologia sempre più sviluppata e importante che l’infermiere deve saper utilizzare appieno e al meglio, ma ricordando sempre che quella è il mezzo, perché il nostro fine è la relazione con l’assistito. Se perdiamo il nostro posto vicino al paziente abbiamo perso la nostra professione e la nostra professionalità”.

Con il Codice “abbiamo voluto salvaguardare la libertà di coscienza degli infermieri, riconoscere quindi gli infermieri come persone che si relazionano con un’altra persona. È un’innovazione che affonda le radici nella nostra storia ma guarda al futuro – spiega ancora facendo alcuni esempi – per salvaguardare la volontà espressa della persona dai trattamenti incongrui o non ritenuti coerenti con la percezione di vita o di salute – aggiunge – salvaguardiamo la vita. Siamo intervenuti anche sul concetto del dolore e abbiamo sottolineato il lavoro di equipe, visto che la legge 219 del 2017 un po’ lo sfuma e mette in evidenza la relazione medico-paziente, senza considerare che nel fine vita la professionalità più vicina alla persona è proprio quella dell’infermiere”.

E Mangiacavalli, tornando al tema guida del congresso, ha ricordato che questa relazione dell’infermiere con l’assistito c’è proprio il “tocco”, con competenza, specificità e deontologia.

Il Codice deontologico, come lo ha definito Edoardo Manzoni, infermiere Direttore Generale Istituto Palazzolo, storico e filosofo della professione, “è una promessa: mi prenderò cura di te”.

“Una promessa – ha proseguito – che deve celebrarsi nella quotidianità, e lo fa con semplici gesti dell’ordinario che sanno sollevare la dignità di chi li riceve e di chi li eroga

E in questo ha ricordato che il Codice non è fatto per i professionisti, ma perché questi siano in grado di garantire la loro tutela ai cittadini, mettendo al centro prima di tutto la persona.

“L’infermiere – ha aggiunto Manzoni – guida il suo agire nella norma che sono sia deontologiche che giuridiche. Egli, di gran lunga, crede che le norme deontologiche vengano ben prima delle leggi dello Stato poiché esse concretizzano il suo desiderio di anteporre il bene dell’altro al proprio.

“Il cuore della promessa del nuovo codice – ha concluso – è di una effettiva centralità della persona. È la promessa della migliore evidenza scientifica come atto deontologico e del decoro di una professione che fa della fiducia dell’altro la propria essenza, superando così anche gli ambiti di esercizio della prevenzione, cura e riabilitazione”.

Un Codice messo a punto anche alla luce delle nuove responsabilità dell’infermiere che, come ha spiegatoFrancesca Nappi, Avvocato esperto di professioni sanitarie, sono passate da una “responsabilità limitata e circoscritta al mero atto esecutivo eseguito sotto il controllo medico, alla assunzione di una responsabilità piena e diretta dell’atto infermieristico compiuto in autonomia dal professionista infermiere”,

“Il professionista infermiere – ha detto – sceglie in autonomia e si assume la responsabilità delle sue scelte. Per autonomia si intende la possibilità di esercitare le attività assistenziali, negli ambiti di propria competenza, in funzione della tutela del malato, dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità del servizio; per responsabilità si intende l’insieme delle conseguenze alle quali si espone il professionista nello svolgimento delle sue attività professionali. La responsabilità dell’infermiere nasce da una prestazione inadeguata che ha prodotto effetti negativi sulla salute del paziente e questa è una responsabilità aggravata in quanto responsabilità professionale”.

E Nappi ha spiegato che esistono diverse tipologie di responsabilità: “Responsabilità penale è la responsabilità che deriva dalla commissione di un reato; responsabilità civile è la responsabilità che deriva da un atto illecito che abbia prodotto un danno patrimoniale o extrapatrimoniale e può discendere, ma non necessariamente, da un reato. Ma la responsabilità deontologica/disciplinare è la responsabilità che discende dalla violazione di un regolamento di disciplina come il Codice deontologico”.

Tratto integralmente dal sito FNOPI

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