Liste d'attesa e proposte infermieristiche: arriva il primo provvedimento del Ministro Grillo

Prima azione del neo ministro della Salute Giulia Grillo è l’attacco diretto alle litse d’attesa.
Riduzione dei tempi d’attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie, massima trasparenza e sicurezza delle cure, equità e uniformità in tutta Italia, nessun onere aggiuntivo per gli assistiti, controllo puntuale del corretto svolgimento della libera professione da parte dei medici.
In vista della prossima predisposizione del Piano Nazionale per il governo delle liste d’attesa, il ministro  ha inviato  a Regioni e Province Autonome una circolare che intende fare il punto e raccogliere capillarmente le informazioni sullo stato  dell’arte nazionale di un aspetto critico e cruciale per la tutela della salute pubblica e del Servizio Sanitario Nazionale.
“Metterò il massimo impegno e mi aspetto una grande collaborazione dalle Regioni in favore dei cittadini per abbattere lunghi e impossibili tempi d’attesa e per avere accesso ai servizi e alle informazioni”, dichiara Giulia Grillo. “Cercherò di andare incontro a tutte le esigenze delle Regioni e ai loro eventuali problemi organizzativi” – prosegue il Ministro – “ma seguirò con grande determinazione nel corso del mio mandato questo obiettivo come uno dei capisaldi del Servizio sanitario pubblico e della tutela dei diritti della salute”.
Le richieste di informazioni alle Regioni si articolano in sette aree-chiave, con dati relativi al 2017. In particolare si chiede di sapere:
– se tutte le prestazioni da rendere in attività istituzionale siano state effettivamente prenotate attraverso il Centro Unico di Prenotazione (CUP) e se allo stesso fanno capo tutte le “agende” delle strutture sanitarie pubbliche e quelle private accreditate. Se così non fosse, dovrà essere comunicato al Ministero della Salute il numero di quante siano prenotate tramite Cup e il numero complessivo di tutte le prestazioni sanitarie erogate, eccetto quelle ad accesso diretto;
– se con l’ordinaria offerta aziendale non vengano garantite le prestazioni nei tempi massimi di attesa individuati dal Piano regionale di governo delle liste d’attesa, le Regioni dovranno spiegare quali misure sono previste, senza oneri aggiuntivi a carico degli assistiti se non quelli dovuti come eventuale quota di partecipazione, e se tali misure vengono effettivamente applicate, come previsto dal Piano nazionale per il governo delle liste d’attesa 2010 – 2012;
– quali iniziative sono state adottate per garantire un’adeguata informazione e conoscenza a tutti i cittadini delle attività e delle modalità di accesso alla prenotazione delle prestazioni;
– quali sono le modalità e i criteri individuati per la determinazione dei volumi di attività istituzionale e quelli di attività libero professionale intramuraria, con riferimento alle singole unità operative, al fine di garantire sia il rispetto dei tempi massimi di attesa che il principio della libera scelta da parte dei cittadini;
– se sono state stabilite le modalità di verifica dello svolgimento dell’attività libero professionale intramuraria previste dall’Accordo Stato-Regioni del 18 novembre 2010; inoltre, nelle Regioni in cui l’Organismo paritetico regionale non sia stato istituito ovvero non sia pienamente funzionante, devono essere spiegate le ragioni dell’inadempienza;
– se sono stati attivati strumenti di controllo per verificare che tutte le prestazioni erogate in libera professione intramuraria siano effettivamente prenotate attraverso l’infrastruttura di rete prevista fin dalla legge del 2007, n.120 (n. 120).
Regioni e Province Autonome dovranno far pervenire al ministero della Salute tutte le informazioni entro 15 giorni, compilando apposite schede con una eventuale nota di accompagnamento.
“Ha ragione il ministro Grillo – commenta la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli -: i primi problemi da risolvere sono quelli che hanno i cittadini e i principali interlocutori da attivare sono senza dubbio le Regioni”.
E  una delle questioni da chiarire e risolvere, dopo il pieno soddisfacimento dei loro bisogni di salute, riguarda  le liste di attesa che non solo penalizzano spesso i più fragili, quelli che non possono ricorrere a strutture diverse dal pubblico, ma esasperano anche gli animi di chi resta ore fuori del pronto soccorso o in attesa di un intervento, con reazioni spesso aggressive ai danni dei professionisti.
“Eppure le soluzioni possibili ci sono afferma Mangiacavalli -. Lo hanno dimostrato alcune Regioni benchmark dove il fenomeno ha cominciato a essere arginato. E lo dimostrano ancora di più con iniziative come gli ambulatori a bassa intensità di cura, il potenziamento dei servizi territoriali e domiciliari e l’intramoenia aziendale, quella cioè che la struttura chiede ai suoi professionisti a proprie spese per far fronte a necessità che nascono il più delle volte da carenze di organici o da eccesso di domanda”.
“Le strutture a bassa intensità di cura – aggiunge Mangiacavalli – sono scritte nel Piano nazionale cronicità, nel Patto per la salute  e anche nel programma del nuovo Governo e rappresentano una risposta multi professionale sempre più necessaria”.
“Sul territorio inoltre – spiega ancora la presidente Fnopi – c’è anche lo sviluppo dell’infermiere di famiglia e di comunità, già presente in molte Regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Toscana ad esempio) che hanno deliberato ufficialmente l’introduzione della nuova figura anche dopo periodi di sperimentazioni, dimostrando l’efficacia e il successo dell’iniziativa, prevedendone non solo ruoli e funzioni, ma anche i percorsi formativi”.
L’obiettivo è mantenere, e migliorare nel tempo, l’equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute.
“Ancora un lavoro svolto in un team multi professionale  che altro non è se non il nuovo modello di assistenza adeguato allo scenario della cronicità e non autosufficienza atto a  garantire un’azione snella e flessibile nella rilevazione dei bisogni, la continuità e l’adesione alle cure, la sorveglianza domiciliare e la presa in carico dell’individuo e della famiglia con l’intento di evitare inutili ricoveri (e quindi l’allungamento delle liste d’attesa), favorire la deospedalizzazione, presidiare l’efficacia dei piani terapeutico-assistenziali, allo scopo di migliorare la qualità di vita della persona nel suo contesto di vita”.
Un modello nel quale si sono chiaramente espressi i cittadini attraverso i risultati dell’Osservatorio civico FNOPI-Cittadinanzattiva, chiedendo nel 78,6% dei casi di poter disporre di un infermiere di famiglia/comunità.
“Ha ragione il ministro: via le liste di attesa. E le liste di attesa – è provato a livello internazionale, lo dice anche l’Oms – si tagliano anche così.
Gli infermieri e la Federazione che li rappresenta – conclude Mangiacavalli – è a disposizione del ministro per lavorare con lei e con gli altri professionisti e disegnare una sanità di iniziativa che davvero tuteli la salute e favorisca i bisogni dei cittadini”.
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