Eseguito il primo impianto di retina artificiale in Italia

Per la prima volta in Italia e’ stato eseguito l’impianto di una protesi sottoretinica – un vero e proprio modello di retina artificiale – in una donna non vedente. Il delicatissimo intervento e’ stato condotto dagli specialisti in chirurgia vitreoretinica e oftalmoplastica dell’Unita’ di Oculistica dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, diretta dal professor Francesco Maria Bandello. La paziente sta bene ed e’ stata dimessa dall’ospedale. Ora è in attesa dell’accensione del microchip che stimolera’ gradualmente la retina, consentendole, come sperano i medici, di reimparare a vedere.
Il dispositivo è un microchip di circa 3 millimetri con 1.600 sensori. E’ destinato a persone che hanno perso la vista durante l’eta’ adulta a causa di gravi malattie genetiche della retina, come la retinite pigmentosa, e puo’ ripristinare la percezione della luce e delle sagome di alcuni oggetti e/o persone circostanti. Si tratta del sistema di visione artificiale in assoluto piu’ evoluto al Mondo, che puo’ dare al paziente la possibilità di vedere indipendente da supporti esterni, come telecamere o occhiali.
Per funzionare questo impianto agisce sui fotorecettori della retina, cioe’ le cellule specializzate (i coni e bastoncelli) deputate a tradurre la luce in segnali bioelettrici che arrivano al cervello attraverso il nervo ottico. I fotorecettori ormai non piu’ funzionanti vengono sostituiti da un fotodiodo, un microscopico apparato elettronico in grado di trasformare la luce in uno stimolo elettrico. Il microchip viene inserito al di sotto della retina, in corrispondenza della macula, in modo da stimolare il circuito nervoso che naturalmente collega l’occhio al cervello: in questo modo si sostituisce all’attivita’ delle cellule non piu’ in grado di fare il loro lavoro.
L’intervento sulla donna è durato quasi 11 ore ed è stato eseguito da un’équipe diretta dal dottor Marco Codenotti – responsabile del servizio di Chirurgia vitreoretinica dell’Irccs Ospedale San Raffaele – che ha collaborato, per la parte extraoculare, con il dottor Antonio Giordano Resti, responsabile del servizio di Chirurgia oftalmoplastica dello stesso ospedale.
“Dopo l’intervento ci aspettiamo una stimolazione retinica che gradualmente potrà portare la paziente a reimparare a vedere – spiega Codenotti, – . Operazioni chirurgiche di questo tipo possono essere eseguite con successo solo su pazienti che in passato hanno avuto l’uso della vista per almeno 10 anni. Solo così chi oggi non vede più e si trova in una situazione di ‘buoio assoluto’ può ‘reimparare’ gradualmente a vedere”.
Non è stato semplice impiantare questa protesi hi-tech. “L’intervento è stato il più complicato che abbia mai eseguito – spiega ancora Codenotti – . Ogni passo è fondamentale e delicato e la riuscita dell’intervento può essere compromessa da un momento all’altro. L’aver visto il microchip posizionato correttamente è stato per me una grandissima emozione, un sogno realizzato”.
Il microchip è stato inserito al di sotto della retina, mentre il circuito di collegamento che lo unisce all’amplificatore del segnale elettrico è stato posizionato dietro all’orecchio, nella regione retroauricolare, sotto la pelle. Attualmente questo nuovo modello di protesi sottoretinica che si chiama Alpha AMS, prodotto dalla compagnia tedesca Retina Implant, è stato impiantato solo in pochissimi pazienti ed esclusivamente in due centri europei e a Singapore.
Solo pochi giorni fa, il 20 gennaio 2018, è stato eseguito il primo impianto italiano, al San Raffaele di Milano. La paziente, una donna di 50 anni, è affetta sin dalla giovane età da retinite pigmentosa, una malattia genetica dell’occhio che provoca la graduale riduzione della vista: i primi sintomi sono iniziati durante l’adolescenza e in seguito la visione si è gradualmente ridotta fino a esaurirsi totalmente. “La donna aveva 25 anni quando ha perso completamente la vista – spiega ancora Codenotti – . Fra il 22 e il 23 febbraio il microchip verrà acceso e la retina potrà tornare a essere stimolata. Verrà ‘riattivato’ il circuito nervoso che collega l’occhio al cervello. E, se tutto andrà bene, la paziente da una situazione di buio totale in cui si trova ora, potrà tornare a vedere forme, luci e ombre. Ma l’esito dell’intervento dipende da paziente a paziente”.
In precedenza questo stesso intervento è stato eseguito su una decina di persone nel mondo: a Oxford, a Tubing e a Singapore.
 
Fonte: www.repubblica.it

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