E’ una sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ad aver stabilito che l’Operatore Socio Sanitario è una professione che, per definizione di legge, non rientrerebbe in quelle sanitarie.
Lo ha stabilito il Tar del Lazio accogliendo il ricorso presentato dagli Opi della Regione Lazio avverso una delibera della Giunta Regionale, che delineava nel 2019 un nuovo profilo professionale e formativo dell’Operatore socio sanitario, attribuendogli competenze anche di carattere strettamente sanitario e una più ampia autonomia nell’esercizio delle proprie attività.
“È una vittoria importante” ha commentato il Presidente di Opi Roma Maurizio Zega, che è anche coordinatore degli Ordini delle Professioni Infermieristiche del Lazio, “perché non si può pensare di affrontare il drammatico problema della carenza infermieristica abbassando gli standard di formazione del personale sanitario: a pagare sarebbero i pazienti, i cittadini”.
“E ancora, prosegue Zega, è grottesco pensare che uno stesso lavoratore possa svolgere delicate mansioni di carattere sanitario in una regione sì e in un’altra no: il tutto per giunta senza avere le competenze sanitarie necessarie. Questo succede quando gli esecutivi regionali non si confrontano con le professioni sanitarie”.
Zega ha poi concluso: “Speriamo che anche sulla base di questa sentenza si voglia davvero prendere il toro per le corna: bisogna riesaminare tutto il problema della carenza di infermieri, che tutti denunciano come drammatico, non con improbabili pannicelli caldi, ma andando al cuore del problema. E cioè quello di una categoria professionale altamente qualificata che nel nostro Paese non ha alcuna possibilità di avanzamento professionale, oltre ad esser fra le peggio pagate in Europa.
La strada maestra è tracciata dalla “transizione epidemiologica”, che indica il percorso verso un nuovo sistema sanitario pubblico: transizione alla quale gli Ordini Professionali possono e vogliono dare il loro contributo. Anche, perché no, nel processo di formazione degli operatori socio sanitari”.
Intervista tratta da OPI Roma