Valutazione stress lavorativo degli Infermieri in SPDC: lo studio

11 mesi ago

Il termine stress, originariamente impiegato in ingegneria meccanica in riferimento alla tensione cui viene sottoposto un materiale rigido, fu traslato in medicina da Selye (1936), il quale osservò negli animali da laboratorio una reazione, dopo gli esperimenti, caratterizzata dall’attivazione dell’asse ipofisi – corticosurrene. Tale reazione risultava aspecifica, ovvero indipendente dalle caratteristiche e dal tipo di stimolo, per cui lo stesso autore (1955) ne propose la definizione scientifica quale “risposta generale aspecifica a qualsiasi richiesta (demand) proveniente dall’ambiente”.

Lo stress, quindi, come reazione di adattamento a stimoli e sollecitazioni, reali o percepite, non è di per sé una malattia, ma si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali, quando le persone non si sentono in grado di superare il gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti.

In Italia, il termine “stress lavoro-correlato” è stato introdotto formalmente dall’articolo 28 del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008). Il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC) del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) accoglie, in reparto ospedaliero, persone in situazioni di urgenza ed emergenza psichiatrica, garantendo l’osservazione e il primo intervento e il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) e/o volontario. Ambrosi, De Martis e Petrella (1987) descrivono tre funzioni del reparto psichiatrico, nell’assolvimento delle quali gli infermieri possono avvertire le pressioni ambientali “fisiche”, “simboliche” e “cognitive”: funzione di rianimazione, che richiede di farsi carico di una situazione di estrema regressione; funzione di contenimento, che richiede la presenza dell’intera équipe terapeutica e l’integrazione nelle procedure di contenzione; funzione di sblocco, per dare al paziente un quadro di riferimento stabile, dal punto di vista materiale, concettuale ed immaginario, e consentirgli di reinvestire progressivamente se stesso, il proprio corpo e la realtà.
Perciò, Correale (1991) definisce il reparto psichiatrico “una sorta di insieme iperdenso, dove da un lato esiste un eccesso di stimoli, mentre dall’altro questo eccesso è connotato da un alto tasso di concretezza e fisicità. Il risultato complessivo […] è la capacità del campo stesso di indurre rapidamente stanchezza, persecuzione, senso di inadeguatezza, bisogno di porre artificialmente limiti e barriere, per non essere espropriato dal senso consueto del proprio sé”.

Romano, Festini e Bronner (2015) osservano che la ricerca infermieristica italiana si è occupata solo marginalmente di stress lavorativo, verosimilmente, secondo Faremia et al. (2019), in ossequio ad un bias secondo cui gli infermieri sono pensati prevalentemente come helping professional e poco come bisognosi essi stessi di aiuto.
Le indagini consultate non isolano il fenomeno dello stress in contesto di lavoro psichiatrico, ma lo associano per lo più al burnout o al disturbo da stress post-traumatico.

Gli esperti nell’assistenza psichiatrica suggeriscono condotte tutelari agli operatori: accogliere il paziente, contenere il suo panico e la sua distruttività, tollerare il disordine e la confusione, tentare di dare un senso a ciò che accade (Petrella e Ambrosi, 1988; Rossi Monti, 2006). La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha pubblicato talune raccomandazioni: sull’applicazione del TSO (2009) e sulla prevenzione e il superamento della contenzione fisica (2010).

Oltre alle pressioni dettate della urgenza ed emergenza psichiatrica, possono insorgere e permanere condizioni di stress da lavoro infermieristico, che, in una review del 2000 (McVicar, 2003), sono elencate nelle nove categorie, individuate da French et al. (2000): conflitto con i medici, preparazione inadeguata, problemi con i colleghi, problemi con il supervisore, discriminazione, carico di lavoro, incertezza riguardo al trattamento, affrontare la morte e i pazienti morenti, esigenze dei pazienti e delle loro famiglie; ad esse sono associati stati moderati di distress comprendenti depressione, pessimismo, svogliatezza, atteggiamenti negativi, fatica, disturbi del sonno ecc.
Una review più recente (Del Rio et al., 2018), recante l’esame dei 100 articoli sullo stress infermieristico più citati, pubblicati dal 1975 al 2011, conclude che lo studio dello stress nell’assistenza infermieristica sta, lentamente ma finalmente, guadagnando maggiore visibilità.

Lo scopo di questo lavoro è descrivere lo stress lavorativo del personale infermieristico in un reparto di SPDC: la sua portata e i fattori stressogeni, rilevati con un apposito questionario, e gli effetti emotivi associati, riportati su una scala a cinque dimensioni di disagio psichico.

L’indagine è stata svolta, nel mese di gennaio 2021, presso il SPDC del Policlinico Tor Vergata di Roma, istituito nel 2017 con 15 posti letto. Il disegno dello studio è osservazionale, trasversale, monocentrico ed è inteso a valutare i correlati psichici di fattori stressogeni lavorativi.

Sono stati consegnati, per autosomministrazione, in formato cartaceo due questionari, integrati da una sezione per la raccolta dei dati sociodemografici, rispettando l’anonimato. Il questionario per la rilevazione dei fattori stressogeni è costituito dalla Nursing Stress Scale – NSS di Gray-Toft & Anderson (1981), composta di 34 item, con passi Likert da 0 = “mai” a 3 = “molto frequentemente”, che descrivono situazioni identificate come causa di stress per gli infermieri nell’esercizio delle loro funzioni. Lo strumento fornisce un punteggio totale dello stress percepito e differenti punteggi in ciascuna di sette sottoscale, che misurano la frequenza dello stress sperimentato in ambito ospedaliero: sofferenza del paziente, conflitto con parenti e pazienti, inadeguata preparazione, mancanza di sostegno emotivo, conflitti con colleghi infermieri, carico di lavoro, conflitto con i medici. La sua somministrazione non soffre di limitazioni rispetto alle variabili socio-anagrafiche e non è vincolata a una tipologia di struttura ospedaliera né alla dotazione di posti letto. Quanto maggiore è il punteggio totale, che può variare da 0 a 102, tanto maggiore è lo stress denunciato, mentre le medie dei punteggi parziali valutano lo stress collegato a ciascuna situazione di rischio.

Per proseguire la lettura dello studio cliccare sul link di seguito: Studio SPDC

L’Infermiere Online – Sito Istituzionale FNOPI

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