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Gli Infermieri di Varese scrivono a Fontana: “Servono fatti, non parole”

Una lettera inviata al presidente Attilio Fontana da un gruppo di infermieri del pronto soccorso dell’ospedale di Varese, la “sua” Varese, una delle province lombarde più colpite dalla seconda ondata di Covid19 con centinata di contagi al giorno (solo ieri sono stati 684, il giorno prima 1341). La missiva è una risposta al messaggio che lo stesso Fontana aveva mandato ai sanitari per manifestare la sua vicinanza nella lotta al Coronavirus. «Siamo gli infermieri e gli operatori socio sanitari (Oss) del pronto soccorso della “sua” Varese. Abbiamo letto con smarrimento le sue affermazioni profondamente stridenti con la realtà̀ che viviamo tutti i giorni e maggiormente in questo periodo di emergenza pandemica. Una simile lettera poteva essere l’esortazione ad affrontare la prima inattesa pandemia. Alla “seconda ondata” avremmo voluto trovare una sanità̀ riorganizzata e preparata», scrivono gli infermieri, che dicono di aspettarsi, dalla politica, «fatti e non parole».

Il primo problema che evidenziano è la mancanza di personale sanitario che li costringe a fare turni estenuanti e a saltare i riposi tra un turno e l’altro. «Ci saremmo aspettati che il numero di operatori sanitari, già in carenza cronica, fosse tempestivamente adeguato e formato; che i posti letto fossero incrementati per far fronte all’emergenza, ma anche per consentire la prosecuzione delle “normali” attività; e che i lavori strutturali necessari alla tutela degli utenti e degli operatori fossero preventivamente ultimati». E ancora: «Siamo invece a rappresentarLe come gli operatori sanitari siano oggi, in piena emergenza, in fase di assunzione e formazione e, nonostante ciò, non riescano ad essere in numero adeguato essendo perciò costretti ad effettuare turni da 12 ore lavorative oltre che a saltare giorni di riposo».

Un altro problema, collegato alla mancanza di personale, è l’invio di un team di medici e infermieri inviato alla Fiera di Milano, la struttura messa in piedi per affrontare l’epidemia e che ha a disposizione 150 posti letto di terapia intensiva.

«Perché in questi mesi non si è pensato ad assumere e formare personale per attivare questo servizio?», chiedono i sanitari precisando che «i posti letto prima dell’attuale emergenza erano addirittura diminuiti» e le opere necessarie ad affrontare la pandemia garantendo spazi accettabili, anche se probabilmente non idonei, sono attualmente in corso.

E concludono i lavoratori: «L’organizzazione della sanità lombarda non può basarsi solo sulla abnegazione di medici infermieri e oss. Non crede sia giunto il momento che la politica si assuma le sue responsabilità garantendo una sanità pubblica sicura ed efficiente per cittadini ed operatori? Siano i fatti a dare valore e dignità alla politica e non le parole rubate a papa Francesco. Comunque La rassicuriamo, in “questa lotta” noi ci siamo sempre stati e sempre ci saremo, indipendentemente dal Suo appello».

Per Samuele Astuti, consigliere regionale del Pd e originario di Varese, la lettera è un «pesante denuncia che evidenzia la piena emergenza in cui si opera nei pronto soccorso del varesotto, dove infermieri e Oss sono costretti a turni di 12 ore per la carenza di organico, in spazi non sempre idonei ad affrontare la pandemia. E tutto ciò dopo mesi interi in cui si sarebbero dovuti attrezzare   gli ospedali per la seconda ondata ma non si è fatto nulla».

Tratto da La Stampa

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