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Sono 71 i medici, infermieri, farmacisti e biologi dell’Asl Toscana Centro in servizio a Prato che hanno firmato un appello contro il Decreto su immigrazione e sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salviniritenendolo in alcune sue parti incostituzionale. Ecco il testo dell’appello.
L’articolo 10 della Costituzione Italiana stabilisce che lo straniero “… al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. Attraverso l’adesione alla Convenzione di Ginevra del 1951 ed ai trattati ed accordi sul riconoscimento della protezione internazionale l’Italia ne ha dato parziale attuazione. Le tipologie di protezione internazionale (asilo politico e protezione sussidiaria) infatti non esauriscono quanto previsto dalla Costituzione che richiama l’importanza fondativa dell’esercizio delle libertà democratiche.
La protezione umanitaria prevista fino al 4 ottobre scorso dall’ordinamento giuridico italiano rappresentava la modalità di dare attuazione in forma maggiormente compiuta ma comunque ragionevole al principio sancito dalla Carta costituzionale. Il Decreto immigrazione, cosiddetto Salvini, ha eliminato la protezione umanitaria sostituendola con varie forme di tutela complementare, sulla cui rispondenza al dettato costituzionale emergono svariati interrogativi. Quanto previsto dal decreto, inoltre, rischia di mettere ulteriormente in difficoltà i servizi sanitari e sociali e gli enti locali a causa dei suoi effetti sull’accoglienza dei migranti forzati e sull’accessibilità ai servizi. In generale, sostituire l’accoglienza con la criminalizzazione causa di per sé un danno alla salute, perché aumenta la sofferenza, ostacola l’integrazione e marginalizza persone che, in maggioranza, soffrono già per un grado di vulnerabilità fisica e mentale superiore alla media.
Inoltre, abolendo la protezione umanitaria, restringendo l’iscrizione alle anagrafi comunali e rendendo più difficile l’acquisizione e il mantenimento della cittadinanza, il decreto aumenterà probabilmente il numero di migranti e richiedenti asilo in posizione irregolare. Per queste persone sarà non solo più arduo il controllo da parte delle istituzioni preposte allo scopo, ma diminuirà anche l’accesso al sistema e ai servizi sanitari, con potenziali rischi per la loro salute e per quella dell’intera collettività. Assicurare l’accesso al sistema e ai servizi sanitari ai casi speciali o di eccezionale gravità non è sufficiente; per essere pienamente efficace, l’accesso dev’essere universale, come prevede tra l’altro la Costituzione.
Infine, spostare una proporzione, non ancora definita ma presumibilmente grande, di richiedenti asilo dal sistema SPRAR a veri e propri centri di detenzione, quali saranno i CPR, potrebbe pregiudicare la salute di queste persone. Da un lato perché, invece di offrire accesso continuativo ai servizi sanitari del territorio, si offrirà loro assistenza, presumibilmente periodica e inadeguata, all’interno dei CPR stessi. Dall’altro perché stare rinchiusi in un centro di detenzione per mesi (il decreto raddoppia da 90 a 180 giorni la permanenza massima) costituisce di per sé un rischio aggiuntivo per la salute sia fisica che mentale.
Ciò è tanto più grave se si pensa che una percentuale di queste persone arriverà a questi centri con problemi pregressi anche gravi (ad esempio, esiti di tortura in patria e di abusi e malversazioni durante l’esodo verso un paese di accoglienza). Nella situazione descritta che rischia di emarginare o addirittura di escludere i migranti dal diritto alla salute, come operatori sanitari abbiamo il dovere di rispondere ad ogni richiesta di assistenza a prescindere dalla condizione e dallo stato giuridico dell’ individuo.
Rivendichiamo perciò il diritto di continuare a farlo nelle migliori condizioni possibili di efficienza ma anche di accessibilità del servizio per tutti i cittadini, nel rispetto dei principi di universalità e gratuità delle cure, sanciti dalla Carta Costituzionale e dalla legge 833/78. Si precisa che l’appello nasce da una libera iniziativa dei singoli operatori sanitari esonerando l’Azienda Sanitaria di appartenenza da qualsiasi responsabilità in merito.
Fonte

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