Un post su Facebook scritto con rabbia che innesca decine di commenti offensivi e denigranti. Una situazione limite a cui segue una presa di posizione nuova: la querela di parte.
Capita così che un fatto definito “banalissimo” accaduto in una corsia di ospedale abbia dato vita a una caccia all’infermiere. Un livello di cattiveria tale da costringere l’intera categoria a dire basta e a rivolgersi al tribunale: « Il diritto alla comunicazione deve tenere presente le regole che la vita quotidiana già prevede: onestà, trasparenza, veridicità , rispetto , educazione… – si legge nel comunicato dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche OPI – In un recentissimo pronunciamento la Federazione degli Ordini delle Professioni infermieristiche e tutti gli ordini provinciali hanno decretato che “Se i mezzi di comunicazione oggi ci danno la libertà di parola su ogni argomento e in ogni contestato, questo non significa che tale libertà sia esente da conseguenze anche disciplinari”…. Oggi ci troviamo di fronte a un nuovo fenomeno : quello dei così ironicamente detti “leoni da tastiera”, per la modalità aggressiva e violenta , ma a distanza di sicurezza dal confronto reale tra persone mature e nell’illusione di una invulnerabilità che solo la testiera può dare. L’Ordine delle professioni infermieristiche di Varese ha supportato un gruppo di colleghe vittime di aggressione mediatica che hanno presentato querela contro chi si è permesso in prima persona ma anche a tutti coloro che hanno commentato e condiviso il post, di infangare il nome e la professionalità di chi quotidianamente lotta al fianco delle persone ammalate con dedizione e competenza».
È lo stesso presidente dell’OPI, Aurelio Filippini, ad assicurare sostegno e supporto per tutta la durata del procedimento: « È una situazione limite a cui, però, occorre dare risposta netta – spiega Filippini – anche perchè, nella realtà la figura dell’infermiere gode di grande attenzione e riguardo. Siamo quelli sempre presenti, che sanno ascoltare e confortare, facciamo da mediatori con i medici e spesso svolgiamo attività pratiche. È tempo che si cominci a porre attenzione sul valore del proprio comportamento sui Social. Come Federazione vogliamo diffondere tra i colleghi la cultura digitale, insegnare a gestire il proprio profilo che ha anche una responsabilità sociale e professionale ulteriore rispetto alla propria sfera privata. Qualsiasi cosa uno scriva, viene identificato anche con il suo ambiente di lavoro e la qualifica, se è indicata specificamente. Ci vogliono attenzione e cura nel mantenere il decoro. Ormai, però, la deriva è così andata oltre che non si può più far finta di nulla. Noi chiediamo che si rispetto la dignità nel nostro lavoro».
La querela è partita: i “leoni da tastiera” saranno chiamati a spiegare la propria versione.