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Un anno e otto mesi di reclusione (pena sospesa con la condizionale) per avere palpeggiato una giovane infermiera che lavorava con lui in una struttura residenziale per anziani. Si è chiuso con la condanna il processo celebrato a carico di Giuliano Cecotti, 67 anni, di Gonars, medico di medicina generale in pensione.
La sentenza è stata emessa dal tribunale collegiale di Udine presieduto dal giudice Carla Missera (a latere, le colleghe Carlotta Silva e Giulia Pussini), che, nel valutare l’accusa di violenza sessuale formulata dalla Procura, ha comunque riconosciuto la particolare tenuità dei fatti, quantificando in 2.500 euro il risarcimento dei danni dovuto alla denunciante, una 27enne che nel procedimento si è costituita parte civile con l’avvocato Paolo Bevilacqua, del foro di Gorizia.
Il pm Letizia Puppa, titolare del fascicolo, aveva chiesto che all’imputato fosse inflitta la pena di 2 anni. Il difensore, avvocato Andrea Gaiardo, aveva invece sollecitato l’assoluzione, contestando «l’assenza di riscontri esterni alla tesi accusatoria» ed evidenziando «la molteplicità delle versioni» fornite nel tempo dalla giovane.
«È un processo giocato soltanto sulla credibilità della parte offesa – ha detto –, ma non è stata raggiunta alcuna prova del fatto». E cioè della circostanza che – come al contrario ritenuto accertato dal tribunale –, tre anni fa, vide il medico cingere con le braccia da tergo l’infermiera, palpeggiarla e baciarla sul collo.
L’episodio era avvenuto poco prima delle 8, all’inizio del turno del medico e a conclusione di quello dell’infermiera, nell’ambulatorio infermieristico. «La porta era aperta e la stanza si trova a quattro metri dall’ingresso della struttura e accanto alla saletta in cui i degenti autosufficienti leggono il giornale – ha osservato l’avvocato Gaiardo –. Eppure, nessuno si è accorto di niente. Nella querela, sembra che le sia saltato letteralmente addosso.
Ma è una ricostruzione diversa da quella riferita a due colleghe, cui aveva raccontato in un caso di essere stata baciata dal medico e in un altro che ci aveva soltanto provato». In aula, poi, ascoltando la testimonianza della direttrice della residenza, era emersa una terza versione: il medico le si era «avvicinato con il viso al collo». Nel rievocare il “fattaccio”, la lavoratrice aveva parlato «con tono pacato e ridacchiando», pretendendo peraltro che nei confronti del suo molestatore fosse avviato un procedimento disciplinare, che nessuno ha invece ritenuto necessario.
«Tutti i testi lo hanno descritto come un professionista stimato – ha detto il difensore – e la riprova è stata la scelta di andare in pensione proprio a seguito di questa denuncia, che lo ha devastato e che è equivalsa già a una pena». Nel definire la situazione denunciata «piuttosto inverosimile», l’avvocato Gaiardo ha inoltre ricordato come, a precisa domanda posta nel corso dell’istruttoria dibattimentale, l’infermiera avesse risposto «di non avere mai ricevuto avances» dal dottor Cecotti prima di quella mattina. «Il nostro rapporto – aveva affermato – era sempre rimasto confinato nell’ambito professionale». Lette le motivazioni della sentenza, la difesa valuterà l’eventuale impugnazione in Appello.
Fonte

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