La ricerca è stata condotta con l’obiettivo di osservare lo stato attuale della gestione del paziente politraumatizzato presso il Pronto Soccorso dell’AOU Maggiore della Carità e con l’obiettivo secondario di predisporre una check-list al fine di ridurre i tempi di accesso alle cure del paziente politraumatizzato e standardizzarne gli interventi.
Le criticità messe in luce durante il periodo di osservazione sono risultate principalmente relative all’uniformità nell’accertamento secondario del paziente (esame testa-piedi), contrariamente a quanto indicato dalla letteratura [10]. Ciò implica la possibile sottostima di lesioni non esposte a potenziale evoluzione infausta, ad esempio lesioni toraco-addominali o segni di emorragia interna [6].
La valutazione non accurata della patologia traumatica potrebbe portare altresì all’attribuzione di errato codice di priorità, nonché all’assegnazione del paziente ad un errato ambulatorio di visita. Tale problema è sostenuto anche dalla revisione dei dati di PSNet: nonostante i pazienti con diagnosi finale di politrauma siano stati 438, solo 8 di questi sono stati accettati al triage con “politrauma” come motivo di ingresso (105 sono stati inquadrati genericamente come “trauma” mentre 325 come “trauma minore”).
La scarsa accuratezza valutativa in sede di triage potrebbe influire negativamente anche sotto l’aspetto temporale[12]: come indicato in letteratura[3][4][7][8] non dovrebbe intercorrere tempo
Le criticità messe in luce durante il periodo di osservazione sono risultate principalmente relative all’uniformità nell’accertamento secondario del paziente (esame testa-piedi), contrariamente a quanto indicato dalla letteratura [10]. Ciò implica la possibile sottostima di lesioni non esposte a potenziale evoluzione infausta, ad esempio lesioni toraco-addominali o segni di emorragia interna [6].
La valutazione non accurata della patologia traumatica potrebbe portare altresì all’attribuzione di errato codice di priorità, nonché all’assegnazione del paziente ad un errato ambulatorio di visita. Tale problema è sostenuto anche dalla revisione dei dati di PSNet: nonostante i pazienti con diagnosi finale di politrauma siano stati 438, solo 8 di questi sono stati accettati al triage con “politrauma” come motivo di ingresso (105 sono stati inquadrati genericamente come “trauma” mentre 325 come “trauma minore”).
La scarsa accuratezza valutativa in sede di triage potrebbe influire negativamente anche sotto l’aspetto temporale[12]: come indicato in letteratura[3][4][7][8] non dovrebbe intercorrere tempo
superiore a 60 minuti dall’evento traumatico alla stabilizzazione del paziente; questo lasso di tempo viene definito come “Golden Hour”.
La valutazione ed il rispetto dei tempi è resa ulteriormente difficoltosa altresì dalla mancata raccolta e registrazione delle informazioni relative agli orari dell’intervento pre-ospedaliero, normalmente registrati su scheda d’intervento, che spesso non viene conservata né allegata alla documentazione del paziente.
Per quanto concerne la manovra di accertamento della stabilità pelvica, questa è stata spesso ripetuta (in triage e durante la visita medica), nonostante la letteratura indichi come sfavorevole la ripetizione di tale procedura anche in caso di stabilità del bacino[3][6]
Nel caso di pazienti giunti monitorizzati, in quanto condotti in pronto soccorso da un mezzo di soccorso avanzato, la monitorizzazione è spesso interrotta a causa della mancanza di un monitor multiparametrico portatile (il presidio è disponibile unicamente per la valutazione dei parametri in triage e non può seguire il paziente, rendendo così estemporanea e non continua la valutazione dei parametri vitali). Anche durante gli spostamenti successivi, ad esempio da e per la radiologia, non è assicurata la continuità della monitorizzazione.
La mancata disponibilità di presidi è stata osservata anche in ambito di immobilizzazione e stabilizzazione del paziente traumatico: le stecco-bende, i ferma-capo, le ferule ed i collari cervicali vengono puntualmente rimossi dall’equipaggio del soccorso pre-ospedaliero durante le operazioni di triage e quindi prima che il paziente venga sottoposto ad accertamento clinico e radiografico. [5][10]
In caso di necessità di urgente reperimento di accesso vascolare, il personale di triage ha a disposizione unicamente cateteri venosi periferici e nessun presidio alternativo (come, per esempio, il kit per accesso intra-osseo), come descritto in letteratura. [9]
Altra mancanza da segnalare è sicuramente rappresentata dal laccio emostatico arterioso, fondamentale in caso di imponenti emorragie non diversamente contenibili.
Alla mancanza di presidi e materiali, va aggiunta la difficoltà di reperimento degli stessi in quanto stoccati in maniera generica presso i magazzini del reparto e non secondo categorie d’utilizzo. La letteratura suggerisce il confezionamento di kit pronti all’uso contenenti il materiale necessario a fronteggiare la specifica situazione [6][8][11].
Ringraziamo il collega Fabio Barone per l’invio della sua tesi. La stessa può essere consultata integralmente a questo link: Tesi
La valutazione ed il rispetto dei tempi è resa ulteriormente difficoltosa altresì dalla mancata raccolta e registrazione delle informazioni relative agli orari dell’intervento pre-ospedaliero, normalmente registrati su scheda d’intervento, che spesso non viene conservata né allegata alla documentazione del paziente.
Per quanto concerne la manovra di accertamento della stabilità pelvica, questa è stata spesso ripetuta (in triage e durante la visita medica), nonostante la letteratura indichi come sfavorevole la ripetizione di tale procedura anche in caso di stabilità del bacino[3][6]
Nel caso di pazienti giunti monitorizzati, in quanto condotti in pronto soccorso da un mezzo di soccorso avanzato, la monitorizzazione è spesso interrotta a causa della mancanza di un monitor multiparametrico portatile (il presidio è disponibile unicamente per la valutazione dei parametri in triage e non può seguire il paziente, rendendo così estemporanea e non continua la valutazione dei parametri vitali). Anche durante gli spostamenti successivi, ad esempio da e per la radiologia, non è assicurata la continuità della monitorizzazione.
La mancata disponibilità di presidi è stata osservata anche in ambito di immobilizzazione e stabilizzazione del paziente traumatico: le stecco-bende, i ferma-capo, le ferule ed i collari cervicali vengono puntualmente rimossi dall’equipaggio del soccorso pre-ospedaliero durante le operazioni di triage e quindi prima che il paziente venga sottoposto ad accertamento clinico e radiografico. [5][10]
In caso di necessità di urgente reperimento di accesso vascolare, il personale di triage ha a disposizione unicamente cateteri venosi periferici e nessun presidio alternativo (come, per esempio, il kit per accesso intra-osseo), come descritto in letteratura. [9]
Altra mancanza da segnalare è sicuramente rappresentata dal laccio emostatico arterioso, fondamentale in caso di imponenti emorragie non diversamente contenibili.
Alla mancanza di presidi e materiali, va aggiunta la difficoltà di reperimento degli stessi in quanto stoccati in maniera generica presso i magazzini del reparto e non secondo categorie d’utilizzo. La letteratura suggerisce il confezionamento di kit pronti all’uso contenenti il materiale necessario a fronteggiare la specifica situazione [6][8][11].
Ringraziamo il collega Fabio Barone per l’invio della sua tesi. La stessa può essere consultata integralmente a questo link: Tesi