Aggressioni e botte in psichiatria: Infermieri chiedono più sicurezza a Savona

Undici maggio, reparto di Psichiatria del San Paolo di Savona: un infermiere tenta di calmare un paziente sotto effetto di sostanze stupefacenti e si ritrova con due costole fratturate; passano pochi giorni e il 27 maggio un collega fa più o meno la stessa fine (per lui “solo” una costola fratturata) dopo la sfuriata di un ragazzino problematico. Il 20 giugno va peggio a due operatori che cercano di placare un giovane che dava in escandescenze: uno finirà con un braccio rotto e 45 giorni di prognosi mentre l’altro se la caverà con un trauma contusivo cervicale e un riposo di 20 giorni.
È un lavoro che comporta qualche rischio quello tra le mura di questo reparto dell’ospedale della Torretta e, in generale, nelle strutture simili dove gli operatori devono fare i conti con utenti imprevedibili. La situazione sembra essere peggiorata negli ultimi mesi in cui i sempre più frequenti ricoveri di pazienti per abuso di droghe avrebbe aumentato il rischio di infortuni sul lavoro: almeno è ciò che sostengono i sindacati, e in particolare la segreteria del comitato iscritti alla Fp-Cgil Asl 2, che, nei giorni scorsi, ha inviato una lettera alla direzione dell’Asl 2 per chiedere maggiori tutele per chi opera nel reparto di Psichiatria del San Paolo così come nel centro diurno di Pietra Ligure “Villa Livi”. Proprio quest’ultima è stata sede, qualche tempo fa, di un’altra aggressione che è costata un naso rotto a un agente della municipale intervenuto per sedare gli animi, dopo che dipendenti, pazienti e primario erano stati presi a male parole da un utente furioso.
La Fp-Cgil parla di due fenomeni in aumento e che reputa preoccupanti: quello di ragazzi con i disturbi più svariati (a volte a seguito di anni di assunzione di droghe) e quello dei trasferimenti dalle strutture riabilitative per malati psichiatrici verso le sedi dell’Asl di pazienti con provvedimenti cautelari. E’ per questo che si chiedono, nero su bianco, migliori condizioni di sicurezza e corsi di aggiornamento per poter meglio fronteggiare le nuove tendenze sociali e le patologie collegate. In più si denuncia la mancanza di protocolli operativi e si invita la direzione ad assumere più personale.
«Distinguiamo gli episodi di perdita di controllo dalle aggressioni vere e proprie, che non sono certo frequenti – precisa il direttore generale dell’Asl 2, Eugenio Porfido – Abbiamo procedure ad hoc per segnalare gli episodi accaduti e cogliere eventuali segnali di pericolo: in questo abbiamo chiesto aiuto ai coordinatori per monitorare e mappare le eventuali situazioni a rischio».
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