Morta per malaria, IPASVI: "Basta fango sugli Infermieri"

Dura reazione della Federazione nazionale Ipasvi ai titoli dei giornali (Libero e Il Tempo) che strumentalizzando la morte per malaria di una bambina all’ospedale Santa Chiara di Trento, hanno titolato come se la colpa fosse di un non ben identificato “infermiere killer”.

Non per scelta, ma per non aver opportunamente, eventualmente sterilizzato e utilizzato materiale sterile nelle somministrazioni/prelievi alla bambina, ricoverata per problemi di diabete dove c’erano altri bimbi provenienti da paesi africani e affetti da malaria.

Un titolo basato sul fatto che la procura della Repubblica di Trento ha aperto una fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo a carico di ignoti.

Le indagini sono state affidate al Nas, il Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri, dai quali ieri il procuratore ha ricevuto già gran parte della documentazione acquisita. Altri documenti sono attesi dalla Procura di Brescia, che ha aperto un secondo fascicolo, e dall’ospedale di Portogruaro, dove la bimba era stata ricoverata per un esordio diabetico il 13 agosto (per tre giorni) prima di essere trasferita in Pediatria a Trento.

Le incognite sono molte, come ammettono dalla stessa procura, e non è detto che si possano trovare risposte esaustive, oltre che rilevanti sotto il profilo penale. Anche se fosse avvenuto un ipotetico contagio diretto fra i bambini (tramite il sangue) oppure tramite l’utilizzo di strumenti non sterilizzati e non monodose – tutte circostanze smentite ieri dall’Azienda sanitaria ed effettivamente molto remote anche dal punto di vista probabilistico, su cui invece i giornali in questione hanno “creato” i loro improbabili titoli  – trovarne le prove ora, a distanza di più di due settimane di fatto impossibile.

Nella giornata di lunedì il Pm di turno era stato contattato verbalmente dall’Apss, ma ora l’indagine è condotta personalmente dal procuratore.

Il direttore generale dell’Azienda per i servizi sanitari della Provincia di Trento  ha fatto sapere che «hanno dato esito negativo i controlli effettuati ieri e oggi attraverso apposite trappole sistemate per verificare l’eventuale presenza di zanzare anofele», vettori della malaria. «Le trappole – spiega – sono risultate negative per la presenza di questi insetti», generalmente assenti in Italia, «per quanto riguarda la giornata di ieri, ma non si può escludere che ce ne fossero nei giorni in cui la bambina si trovava ricoverata in ospedale, quando c’erano anche i due piccoli affetti da malaria, poi guariti. Non abbiamo a oggi nessuna evidenza di contatto» con loro, per cui «gli esperti dicono che prenderebbe più piede l’ipotesi della zanzara nella valigia, proprio dei piccoli pazienti del Burkina Faso».

Su queste basi, parlare di “infermieri killer” è non solo fuori luogo, ma del tutto improprio, inappropriato e lesivo dell’immagine della professione.

Un atteggiamento che ha indignato i rappresentanti della professione e la presidente della Federazione, Barbara Mangiacavalli, ha subito inviato la richiesta di rettifica a norma di legge per le pesanti affermazioni, prive di ogni fondamento, titolate dai giornali.

Ecco il testo della lettera:

“Nel caso della bambina morta di malaria all’ospedale di Trento, la Vostra testata ha utilizzato come capro espiatorio per focalizzare una delle due ipotesi della magistratura (utilizzo di strumenti non sterili contaminati in precedenza da piccoli pazienti malati; presenza di una zanzara vettore “importata” in valige e/o da viaggi in zone a rischio) gli infermieri.

Questo atteggiamento, come già sottolineato anche dai Vostri organi amministrativi (ordine e federazione) prefigura una vera e propria caccia alle streghe: nessuno può essere accusato senza prove e soprattutto non si può gettare nel tritacarne una intera categoria di professionisti solo per cercare la notizia, per fare titolo.

Caccia alle streghe i cui presupposti – utilizzo di materiale non sterile – sono stati già scartati a priori dalla dirigenza dell’azienda.

Questo comportamento, giudicato deteriore da più parti, porta un pesante e ingiusto danno di immagine per gli infermieri verso i propri assistiti e getta fango sulla categoria che noi, come Federazione, non siamo disposti ad accettare: la professione infermieristica è apprezzata e ben conosciuta e non certo in questa forma dai  pazienti che, per garantire  dignità alla loro vita di tutti i giorni, si rivolgono all’infermiere. Un danno lesivo anche dal punto di vista dei rapporti che i nostri professionisti possono e devono instaurare con gli assistiti. 

Si chiede pertanto la rettifica a norma dell’articolo 42 della legge 416/81, precisando a chiare lettere che nessuno ha rivolto accuse alla categoria, ma che si tratta unicamente di una libertà interpretativa del giornale”.

 
Fonte: Ipasvi

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