Secondo i dati riportati nel rapporto Osmed-AIFA per l’anno 2015 (l’ultimo disponibile), le fasce di età oltre i 64 anni hanno una spesa pro capite per i medicinali a carico del SSN fino a 3 volte superiore al valore medio nazionale; inoltre, per ogni persona ultrasessantaquattrenne il SSN deve affrontare una spesa farmaceutica oltre 6 volte superiore rispetto alla spesa media sostenuta per una persona più giovane. Tale risultato deriva dalla diversa prevalenza nell’uso dei farmaci in Italia che passa da circa il 50% nella fascia d’età adulta fino a quasi il 90% negli over 74, ovvero la quasi totalità dei soggetti con più di 74 anni assume almeno un medicinale.
L’uso dei farmaci nell’anziano comporta diversi problemi che possono essere in sintesi ricondotti alle seguenti situazioni:
– assunzione di più farmaci contemporaneamente (politerapia, con problemi di compliance, interazioni e reazioni avverse);
– scarsa aderenza al trattamento;
– cascata prescrittiva;
– interazione farmacologica;
– alto rischio di errore.
Per politerapia si intende l’assunzione contemporanea di 5 o più farmaci. La politerapia è una condizione diffusa e in continuo aumento: un’indagine condotta dai componenti del Geriatrics Working Group dell’AIFA ha trovato che l’11% della popolazione anziana (più di 1,3 milioni di persone) assume più di 10 farmaci al giorno. In particolare, il gruppo di età tra i 75 e gli 84 anni è esposto al più alto carico farmacologico, con il 55% dei soggetti trattati con 5-9 farmaci e il 14% con 10 o più farmaci. La prevalenza della politerapia è invece inferiore negli ultraottantacinquenni rispetto alle persone tra i 75 e gli 84 anni, un dato che potrebbe far pensare a un approccio più attento al trattamento farmacologico nei grandi anziani.
Il medico al momento della prescrizione della terapia dovrebbe cercare di ridurre il numero di farmaci limitandosi a quelli realmente necessari. A tal fine si consiglia di coinvolgere il paziente prendendo in esame tutti i farmaci che già assume. Secondo un recente studio pubblicato sul BMJ il coinvolgimento del paziente è fondamentale per prescrivere la terapia più adeguata e favorire la compliance del paziente.
L’aderenza alla terapia è spesso legata a condizioni molto frequenti nell’anziano quali comorbilità, deficit cognitivo, funzionale e sensoriale, regimi terapeutici complessi. Le tre forme più comuni di scarsa aderenza sono:

  • assunzione di un dosaggio eccessivo;
  • non assunzione, per dimenticanza;
  • variazione dello schema terapeutico e della dose.

Spesso il medico ignora la mancata aderenza alla terapia del paziente, bisognerebbe a ogni incontro valutare se il paziente sta realmente assumendo i farmaci (vedi sotto ricognizione e riconciliazione). A tal fine è importante avere una comunicazione di tipo empatico così da aiutare il paziente a spiegare quali problemi incontra nell’assunzione della terapia. L’operatore sanitario deve tenere presente che spesso il paziente non comprende quali sono i vantaggi della terapia, ma si limita a vedere il problema del costo. E’ importante quindi nel confronto con il paziente spiegare le ragioni della terapia, anticipando i dubbi così da migliorare l’aderenza alla terapia.
La cascata prescrittiva è un’altra condizione frequente nell’anziano e si verifica quando, confondendo un nuovo sintomo come l’espressione di una nuova malattia invece di un effetto avverso di un farmaco, ne viene prescritto un secondo per correggere questo sintomo. Anche in questo caso la comunicazione con il paziente è di cruciale importanza.
Il documento dell’AIFA già citato valuta il rischio di interazione concentrandosi sulla somministrazione contemporanea di diverse associazioni come indicatore del rischio di interazioni: la prescrizione concomitante di farmaci che aumentano il rischio di sanguinamento, che aumentano il rischio di nefrotossicità, che aumentano il rischio di ipercaliemia o che allungano l’intervallo QT all’elettrocardiogramma.
Per quanto riguarda il rischio di errore va tenuto conto che il paziente anziano ha di per sé molti fattori di rischio (problemi di vista, di memoria eccetera) di commettere errori nell’assunzione dei farmaci.
Per evitare inoltre il rischio di errori causati da scarsa conoscenza della terapia in atto il Ministero della salute raccomanda (raccomandazione 17/2014) un processo mirato di ricognizione e riconciliazione. La ricognizione consiste nella raccolta di informazioni, complete e accurate sul paziente e sui medicinali che assume. La raccolta delle informazioni deve essere espletata attraverso un’intervista e deve prevedere l’uso di una scheda (cartacea o se possibile informatizzata) su cui annotare quanto riferito.
L’intervista dovrebbe essere effettuata direttamente al paziente, se ciò non è possibile perché il soggetto è incosciente o non collaborante ci si può rivolgere a un familiare ma occorre indicare la fonte delle informazioni. Una copia della scheda usata durante l’intervista va trasferita in reparto e successivamente consegnata alla dimissione quale documento integrante la lettera di dimissioni. Per facilitare la ricognizione inoltre bisognerebbe confrontare la lista dei medicinali indicati dal paziente con quanto prescritto dal medico di medicina generale, in caso di dubbio si raccomanda di contattare il medico di medicina generale o la struttura sanitaria che aveva precedentemente in cura il paziente. Tutte le volte che si prende in cura un nuovo paziente, specie se anziano, e sistematicamente negli incontri successivi, occorre quindi rivalutare tutti i farmaci (anche non convenzionali) che la persona sta assumendo.
L’infermiere deve raccogliere informazioni complete e accurate su farmaci e altri prodotti in particolare su:

  • nome commerciale e/o denominazione del principio attivo;
  • forma farmaceutica;
  • dosaggio;
  • dose giornaliera e via di somministrazione;
  • modalità di assunzione: orari nella giornata, cadenza temporale diversa da quella giornaliera;
  • data e ora dell’ultima dose assunta;
  • data di inizio della terapia;
  • carattere “sperimentale” del trattamento;
  • prescrizione off label;
  • ogni altro dato ritenuto significativo.

Il limite della ricognizione è che non sempre è semplice riuscire a stilare una lista completa di tutti i farmaci che la persona sta assumendo, specie se anziana.
Una volta disponibili i dati della ricognizione, il medico in collaborazione con il farmacista confronta e rivaluta la terapia in corso con le disposizioni ritenute necessarie per l’attuale condizione clinica. Durante questa fase (detta di riconciliazione) devono essere individuate possibili sovrapposizioni, omissioni, controindicazioni e interazioni tra le terapie.
Infine in generale la prescrizione di una terapia nell’anziano non può prescindere da una attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. In particolare occorre considerare che nel paziente anziano la dose spesso deve essere ridotta, sebbene le richieste farmacologiche varino considerevolmente (fino a cinque volte) da persona a persona. Di solito le dosi iniziali dei farmaci con un basso indice terapeutico dovrebbero essere da un terzo alla metà delle dosi abituali dell’adulto. Se un paziente ha un problema clinico che può essere esacerbato da un farmaco, la dose iniziale va ridotta di circa la metà, specialmente se c’è una ridotta eliminazione del farmaco.
Fonte: Ipasvi

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