8 anni ago

Non è stata dimostrata l’efficacia dell’uso di disinfettanti né di pomate antibiotiche o a base di iodopovidone, per prevenire l’insorgenza di infezioni. In 3 studi sulle strategie di cura del meato in soggetti con catetere a breve permanenza si è visto che l’igiene standard è sufficiente a prevenire le infezioni, salvo in alcuni sottogruppi di donne ad alto rischio. Questi 3 studi hanno confrontato i trattamenti standard come la pulizia con sapone o il bagno quotidiano rispetto al lavaggio con iodopovidone, l’uso di una pomata a base di neomicina polimixina e beta bacitracina o di antibiotici ad ampio spettro in pomata.

Sistemi di drenaggio

Per garantire l’assenza di contaminazioni bisogna utilizzare il drenaggio a circuito chiuso, cioè il catetere va connesso alla sacca per la raccolta delle urine al momento del cateterismo e non deve mai essere disconnesso. Alcuni studi hanno dimostrato che i sistemi di drenaggio chiuso sono efficaci nel prevenire la batteriuria ma in molti casi i benefici sono inferiori ai costi. L’Istituto superiore di sanità (protocollo 2003) raccomanda nei soggetti con cateterismo a breve permanenza il sistema di drenaggio a circuito chiuso con catetere preconnesso alla sacca delle urine.
Questo dispositivo, che ha un sigillo fra catetere e raccordo della sacca, garantisce l’integrità del circuito chiuso eliminando le possibili disconnessioni accidentali del catetere. L’abitudine ormai desueta di aggiungere soluzioni antibatteriche alle sacche di raccolta in soggetti sottoposti a cateterismo a breve permanenza non riduce l’incidenza di infezioni. Con l’aumentare della durata del cateterismo si possono utilizzare altri sistemi di gestione.
Nel cateterismo a lunga permanenza la condizione di vita imposta dal catetere è molto disagevole ed è spesso vissuta con vergogna. Per questo è importante valutare le condizioni psicofisiche, di movimento e manuali del soggetto per suggerirgli la gestione più adatta per la migliore qualità di vita. Nei soggetti allettati l’uso della sacca da letto è necessaria, ma diventa scomoda nei soggetti che camminano. La sacca va mantenuta sotto il livello della vescica, deve avere un rubinetto di svuotamento e un dispositivo antireflusso.
E’ necessario non contaminare la sacca e l’ambiente durante lo svuotamento. Per questo occorre indossare i guanti monouso ed evitare il contatto del rubinetto con il contenitore. Il paziente deve sapere che è importante non dare strappi alla sacca e non appoggiarla sul pavimento. Per praticità a casa si può tenere la sacca in un sacchetto pulito. Per facilitare la vita di relazione nei soggetti con catetere a lunga permanenza si possono utilizzare alcuni presidi, come le sacche da gamba, i tappi e la valvola cateterica.
Il tappo è il sistema più semplice e meno costoso, ma così come le sacche da gamba ha il problema della continua sconnessione e manipolazione con possibilità di contaminazione. Il tappo infatti deve essere rimosso ogni volta che bisogna svuotare la vescica, ma per toglierlo e rimetterlo senza bagnarsi è necessaria una buona manualità che spesso i pazienti anziani o con demenza non hanno e occorre che l’infermiere spieghi come utilizzarlo. Il tappo quindi è un presidio che può essere consigliato (purché si utilizzino tappi sterili) in soggetti con catetere a lungo termine quando non ci sono alternative.

Irrigazioni vescicali

Le irrigazioni vescicali non sono raccomandate per la prevenzione delle infezioni vescicali. Le soluzioni a base di iodopovidone per i soggetti con catetere a breve permanenza non sono efficaci. Un solo studio condotto su soggetti con cateterismo intermittente ha trovato che 50 ml di iodopovidone al 2% instillato in vescica e poi drenato prima di rimuovere il catetere riducevano la batteriuria contratta in ospedale. Nei pazienti con cateterismo a lungo termine l’irrigazione con soluzione salina, clorexidina o soluzioni non batteriostatiche non ha prodotto differenze nel tasso di infezioni.
Pertanto, in base alle prove disponibili, non si possono raccomandare le irrigazioni vescicali per ridurre le infezioni del tratto urinario. Si può e si deve ricorrere all’irrigazione vescicale solo in caso di sospetta ostruzione del catetere e in caso di ostruzioni da ematuria o struvite. In questi casi è importante l’uso di materiale sterile e di tecniche asettiche.

Sostituzione del catetere

Non ci sono prove riguardo alla frequenza di sostituzione del catetere, pertanto si suggerisce di sostituirlo quando necessario. Quando il soggetto è a rischio di frequenti incrostazioni (struvite), si dovrebbe valutare il tempo di insorgenza delle incrostazioni e provvedere alla sostituzione del catetere prima che si formino. Pertanto il momento adatto per la sostituzione va stabilito in base alle condizioni generali del soggetto cateterizzato, delle urine e in base alle caratteristiche specifiche del catetere. Per esempio in un soggetto senza complicanze il catetere in silicone al 100% va sostituito dopo 1-2 mesi mentre il catetere in lattice siliconato dopo 20-30 giorni.

Terapia antibiotica ed esami colturali

Assumere in modo continuo gli antibiotici non è raccomandato per prevenire le infezioni e può favorire la selezione di ceppi resistenti. Solo in situazioni particolari come interventi chirurgici per impianti protesici (per esempio valvole cardiache o protesi ortopediche) è indicata la profilassi antibiotica. Gli esami colturali delle urine nei soggetti portatori di catetere non sono utili perché la batteriuria asintomatica è presente in un’alta percentuale di soggetti con catetere a breve permanenza e in tutti i soggetti con catetere da 30 giorni. E’ opportuno fare un esame colturale solo in caso di sintomatologia infettiva. Un’analisi retrospettiva su 100 soggetti che avevano subito un trapianto di rene ha trovato un tasso minore di infezioni nei soggetti ai quali il catetere era stato rimosso entro 48 ore, confermando i risultati di studi precedenti.
Ginnastica vescicale
Quando si rimuove il catetere si deve sempre controllare la diuresi del soggetto, soprattutto nei soggetti sottoposti a cateterismo a lunga permanenza. Può succedere che la minzione non riprenda completamente e si presenti disuria fino a globo vescicale, soprattutto nei soggetti con una preesistente ipertrofia prostatica o un problema neurologico. E’ importante riconoscere i segni e i sintomi di ritenzione urinaria. Per verificare se il paziente ha ripreso una minzione adeguata può essere fatto un esame ecografico, in alternativa viene fatto un cateterismo dopo la minzione per controllare se il residuo vescicale è uguale o maggiore di 100 ml. In questo caso si deve iniziare un programma di cateterismo provvisorio.
Per aiutare il soggetto a urinare si può ricorrere a rimedi come la borsa di acqua calda per ridurre la contrazione degli sfinteri o la borsa di ghiaccio sull’addome per stimolare la minzione. Quando un soggetto è cateterizzato il muscolo detrusore della vescica non si contrae perché lo svuotamento della vescica avviene per drenaggio. Ciò può portare a incontinenza o ritenzione, soprattutto nei soggetti con cateterismo a lunga permanenza.
In alcuni soggetti prima della rimozione del catetere si ricorre alla ginnastica vescicale per provocare una dilatazione e uno sgonfiamento della vescica e riabituarla a contenere le urine, ma l’efficacia di questo intervento non si basa su prove. Inoltre la chiusura del catetere determina una stasi di urina all’interno della vescica, che può aumentare l’incidenza delle infezioni urinarie.
Il riempimento della vescica inoltre non stimola la contrazione delle strutture muscolari del pavimento pelvico perineale. Il clampaggio del catetere per valutare se il paziente percepisce lo stimolo a urinare è indicato solo se il problema era presente prima del cateterismo o se si sospettano altri problemi, per esempio danni neurologici. In conclusione non ci sono prove che raccomandino tale pratica anzi deve essere sconsigliata per le possibili conseguenze infettive e funzionali sulle alte vie urinarie.
 
Fonte: IPASVI ed EBN

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